Qui non mi trovate,
io qui non ci sono.
Sto nella stanza accanto
dove non c'è nessuno.

30.4.11

DIO LI FA E POI LI ACCOPPA


Eheeee, magari!
Invece, per farci un dispetto, li accoppia.
Soltanto una " i " di più, ed eccoti raddoppiata la sciagura.  *
Avanti così non se po’annà,  no.
Sono già sveglia da un paio d'ore che ho trascorso  a letto leggendo, e adesso sento l'urgenza di un bel caffè.
Nessuno che me lo porga già bell'e pronto (il bar più prossimo dista 400 mt.), così mi alzo e lo preparo da me.
Sono contenta perchè siamo arrivati a venerdì e per me il venerdì equivale al sabato di Leopardi, una giornata sempre dura,  ma in cui almeno c'è nell'aria l' aspettativa di due giorni liberi.


Accendo il fornello con una mano e manovro il telecomando con l'altra, alla ricerca di notizie fresche.
Mi interessa anche il meteo perchè oggi minaccia pioggia, e non sia mai che io mi sciupi la capigliatura per la trascuratezza imperdonabile di lasciare l'ombrello a casa tant'è che qualcuno mi ha ironicamente soprannominata Mary Poppins, perchè anche quando il tempo è incerto l'ombrello per sicurezza me lo porto: è magico, come quello di MP, perchè  basta pigiare un bottone e in uno scatto si apre subito come un paracadute, che se non stai attenta ti solleva in aria, ma una volta chiuso diventa piccolissimo e può stare discretamente sepolto nel pozzo di san patrizio della mia borsetta.

Otto in punto: sigla del notiziario, non svelerò quale per non sembrare persecutoria.
Ma non mi si dica che ce l’ho su coi giornalisti televisivi per partito preso.. Saranno loro ad avercela con me, piuttosto.
Va bene tutto, ma che un Tg delle 8,00  -  con i disastri che abbiamo da elaborare -  si debba aprire, dilungandosi per un quarto d'ora, sull' anteprima delle favolose nozze di Will e Kate, a me non sembra un fatto normale. Diciamo che non ritengo normale chiunque abbia redatto il notiziario con questa priorità, né la giornalista responsabile di leggerlo tal quale. Può darsi che abbia anche ricevuto la scaletta direttamente dalle mani del suo capo, ma, senza arrivare al punto di baciargliele, avrebbe almeno potuto dirgli picche e fare opposizione passiva. Sapeste quante beate volte, anche per  meno,   la sottoscritta si è ribellata al proprio (di capo) facendo scattare il prevedibile fulmineo lincenziamento!

     <<<---capo che ci prova a negare una verità inoppugnabile

Fosse stata meno superficiale, avrebbe fatto contestazione per rispetto verso se stessa, se non altro, o almeno per un formale riguardo alla deontologia. Ma lo sapranno, almeno, cos'è la deontologia i telegiornalisti ?...boh.., anche loro dovrebbero averne una, magari tacita, sotto forma di coscienza del proprio ruolo e di scrupolo verso il servizio che si deve rendere agli altri.
E invece no, eccola lì, bella giuliva e sorridente, sovreccitata neanche fosse lei la sposa.
Forse sono io ad esagerare, come al solito: quella neanche è detto che sia giornalista. Giovane, carina e probabilmente raccomandata; che necessità c'è in Itaglia per le donne di essere anche qualificate, di adempiere ad una missione  o semplicemente apparire intelligenti? Per chi e per cosa? Qui da noi chisssssenefrega della professionalità, qui basta essere "professioniste" tout court.
Le donne che trionfano sono quelle belle, impunite, possibilmente ignoranti e bisognose di essere salvate dal trottoir (ultimamente pure mute), le altre sono solo scassapalle da trattare come rosibindi.


 

Ma poi, fatemi capire: questi Will e Kate sono per caso nostri cugini?
Impera il vezzo nei mass media, oltre a spettacolarizzare qualsiasi evento, di chiamare tutti i protagonisti per nome, come la colf di famiglia.
A me pare molto sguaiato e irrispettoso... eh sì, sono all' antica! ma non  mi preoccupo, le mode cambiano velocemente e farò in tempo a sentirmi di nuovo à la page prima o poi. (speriamo)


Nozze del secolo, le stanno chiamando. Ma sto' secolo non è mica appena cominciato? Oppure già pensano alla fine del mondo prevista il prossimo maggio, o , volendo essere più ottimisti, a quella del 2012?
Forse dicono così perchè sanno già che per un secolo ci martelleranno le palle prima con l' evento e poi con la curiosità morbosa e la maldicenza verso i due poveracci.
Finito con Diana hanno cominciato il linciaggio con Camilla, ora è il turno di Kate, chi sarà la prossima che vorranno uccidere?

Mi verso il caffè bollente che stempero con latte di mandorla.
Vorrei sapere a chi caspita freghi qualcosa, a parte i due miliardi di individui che assisteranno in diretta  incollati agli schermi di mezzo mondo, che gli sposini vadano all'altare in carrozza o limousine blindata, quali vipS faranno la loro apparizione fra le navate di Westminster, come sarà il colorito della Regina e di quanti piani la turrita torta nuziale che taglieranno (ce ne fosse almeno una fetta per tutti...)
Tuffo francescanamente un savoiardo nell'amaro caffé macchiato.

Visto che la gente, incapace di vivere una vita propria, non ha niente di meglio da fare che starsene incollata davanti ai televisori,  che sia usato un po’ di rispetto almeno nel dare priorità alle notizie.
E' anche questo un modo tacito di formare le coscienze dei popoli.
Afferro il telecomando, lo punto contro il TV come un'arma, miro bene e gli tolgo la parola prima che riesca a proseguire con ulteriori stucchevoli sciocchezze.

Le persone stanno morendo come bacherozzi dopo una disinfestazione e...  
E loro ci raccontano la storia di Cenerentola, ci hanno preso tutti per stupidi, pazzesco!
Brucia ammettere che l’Italia è in guerra.
Ma lo è,  mannaggia: SIAMO IN GUERRA senza bisogno che Benito si sia affacciato al balcone per darne l'annuncio, noi siamo tutti complici e ora le nostre mani grondano sangue.
Spezzeremo le reni a Gheddafi, come 60 anni fa eravamo decisi a spezzarle alla Grecia? A casa in mutande ci hanno rimandato, allora!
Secondo voi questa notizia è da mettere in coda alle nozze del secolo? Vergogna.

Ho girato su RaiNews, evitando la BBC per ovvi motivi.
Alabama, già provata dal disastro ambientale di un anno fa, massacrata dai tornado, centinaia i morti accertati
Strage in Marocco, 17 arrostiti, forse c'entra al qaeda 
Altri massacri in Siria con ancora morti a centinaia
Vittime civili in Libia che non si contano più                                              
Popolazioni in fuga da un intero continente, tzunami umano
Duecento nuovi sbarchi a Lampedusa: più ne spedisci via più ne arrivano, un nuovo genere di replicanti
Disastro nucleare di cui neppure s'immaginano le possibili conseguenze,  non resta che preparare i sacchi neri 
La nostra costituzione che se ne sta andando a marengo.
Nozze del secolo celebrate a Londra

Risciacquo la tazzina con la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Intanto rifletto, parrà strano.
Dovremmo tutti difenderla la nostra costituzione: ma la conosciamo almeno un po'?
Come mai non viene esposta nelle aule scolastiche a par condicio col Crocefisso?
Perchè non ne è previsto l'insegnamento già dalle classi elementari come avviene per la religione (cattolica)?
Stasera giuro faccio un post con gli articoli della costituzione, così se il blog contava due frequentatori, ne resterà uno solo, quello che non sa l'italiano, ovviamente e guarda solo le figure. haahahaha
Ma dai, leggiamocela sta benedetta Costituzione (non è poi così noiosa come potremmo temere) e diffondiamola, come un tempo facevano i predicatori col vangelo.
E soprattutto pretendiamo, da coloro che pretendono di governarci, che in primis la conoscano a menadito e che siano anche i primi a rispettarla. Se no fora di ball.

Ecco alcuni articoli per rinfrescarci la memoria; dopo averli letti si capirà meglio a che punto ci troviamo adesso.


Art. 1
L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.


Art. 2
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.


Articolo 3
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.


Articolo 4
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.


Articolo 5
La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento.


Articolo 6
La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche.


Articolo 7
Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.
I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale.


Articolo 8
Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.
Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano.
I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.


Articolo 9
La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
Articolo 10
L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute.
La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali.
Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge.
Non è ammessa l'estradizione dello straniero per reati politici.


Articolo 11
L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.








29.4.11

Piange il mio cuore e piove sulla città

           Il pleure dans mon coeur
           Comme il pleut sur la ville;
           Quelle est cette langueur
           Qui pénètre mon coeur?


                          Ô bruit doux de la pluie
                          Par terre et sur les toits!
                          Pour un coeur qui s'ennuie,
                          Ô le chant de la pluie!


                                              Il pleure sans raison
                                              Dans ce coeur qui s'écoeure.
                                              Quoi ! Nulle trahison?...
                                              Ce deuil est sans raison.


                                                           C'est bien la pire peine
                                                           De ne savoir pourquoi
                                                           Sans amour et sans haine
                                                           Mon coeur a tant de peine.

                                                                                      Paul Verlaine

Sonia Zaffoni 2008 - Pioggia notturna (acrilico su tavola)

**
*
                                                                  Sta piangendo il mio cuore
                                                                  Come piove sulla città;
                                                                  Che sarà questo dolore
                                                                  Che tante fitte dà?


                                                                             Dolce rumor di pioggia
                                                                             Sui tetti e sul selciato
                                                                             E' balsamo questo suono
                                                                             Per un cuore malato.


                                                                                        Piove senza ragione
                                                                                        Nell' anima mia triste.
                                                                                        Se non c’è un tradimento
                                                                                        Motivo non esiste.


                                                                                                        Non c'è peggior tormento
                                                                                                        Di non capir perchè
                                                                                                        Senza amore né odio
                                                            Ho questa pena in me.


(libera traduzione mca)

*

24.4.11

PAPAM NON HABEMUS ? VERUM HABEMUS MORETTI

Raffaello Sanzio 1517-18 - Firenze, Galleria degli Uffizi (tavola)


Veramente impossibile accusare questo film di faziosità o irriverenza. Anche nel caso Moretti risultasse antipatico, come a me per esempio, per nebulose motivazioni che ancora non ho esplorato nel mio subconscio, il film è di grande intelligenza e libertà, privo di tesi precostituite, se escludiamo quella abituale di soddisfare le sue esigenze narcisistiche, ben attento invece a non assecondare le aspettative di una troppo facile critica alle gerarchie vaticane e alla loro ingerenza nei fatti nostri quotidiani.
Gli apologisti cattolici dalla coda di paglia, che vedono il torbido ovunque, si astengano questa volta dall’intervenire in difesa della Chiesa. Chiunque ci provi è chiaramente in malafede e non avrà buone argomentazioni a suffragio.

Non si può infatti tacciare di irriverenza tutto quello che naturalmente si contrappone ai rigidi dogmi o all’immagine stereotipata che la Chiesa continua a voler dare di se stessa:  può essere considerato "irriverente" l'evoluzionismo darwiniano perchè rende ridicola l'ipotesi del creazionismo, oppure la scoperta di nuovi pianeti o il considerare cardinali e Papa uomini innanzi tutto, tali quali Iddio li ha creati?

Non sono forse anch'essi nati da un utero femminile a conseguenza di un atto sessuale? Le provette non erano ancora di moda.
Non mangiano essi, bevono, dormono, espletano le loro funzioni corporee, allo stesso modo di tutti gli altri animali? Non è forse rosso il loro sangue? (abbiamo tutti assistito con orrore allo sbocciare di una rosa purpurea sulla candida veste di Wojtyła, quando gli hanno sparato).
Al di là di una loro supposta santità, non possono anch’essi avere dubbi, paure, desideri, bisogni? Dove sta il problema? “Todo cambia” come recita la bella canzone di Mercedes Sosa, eseguita da ignari musici in piazza, davanti al neo Papa che li ascolta incantato.

Il film è a tratti addirittura commovente: commovente lo spettacolo di Piazza San Pietro gremita di fedeli accorsi per la veglia e i funerali del Papa polacco e la marea di cristiani in trepida attesa per giorni e notti bianche di quella fumata che finalmente annunci l’avvenuta elezione del nuovo pontefice.
Commovente è tutta la magistrale interpretazione di Michel Piccoli (autre antiphatique du cinema) che qui ci appare al culmine della sua ispirazione.
Sfuggito miracolosamente alla sorveglianza svizzera delle guardie vaticane, il Papa appena eletto si aggira disorientato per la capitale, assaporando ogni più piccola esperienza come una primizia ansiogena e al tempo stesso emozionante, in preda ad uno stato di regressione infantile, causata forse, come azzarda la diagnosi degli psicanalisti, da un deficit di accudimento sofferto in tenera età.
Il film è spettacolare, ben girato, a tratti divertente, con quel senso della misura che è caratteristica del buon gusto: un divertimento sottile, garbato e nella piena osservanza del rispetto dovuto innanzi tutto all’umana persona prima ancora che all’apparato istituzionale. Sarà forse questo ad infastidire qualcuno.

Moretti, sempre convinto di essere il "migliore", forse questa volta c'è riuscito per davvero,  e, se beccherà qualche premio, sarà meritatamente. Piacevole la partecipazione di Margherita Buy (nostra attrice preferita), sempre all'altezza di qualsiasi parte.    
Strepitosa l’interpretazione dell’attore polacco Jerzy Stuhr, nei panni del portavoce vaticano eccelso nella sua funzione di custode dell'ecclesiastica facciata e di pronto traduttore di situazioni imbarazzanti in termini accettati dal protocollo.
Personaggio-chiave, paradigmatico in questa morettiana parabola dell’inguaribile attitudine umana a rimanere sempre in bilico tra desiderio di verità e  bisogno d'illusione.

Voto: alto
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PASQUA EASTER OSTERN PAQUES PASCUA PASCOA PASEN ΠΑΣΧΑ

Andrea Mantegna 1490-1500 - Cristo esce dal sarcofago sorretto dagli angeli

Una tempera su tavola conservata a Copenhagen, allo Statens Museum. La figura scultorea di Cristo, ancora recante i segni della passione, è appoggiata al sarcofago scoperchiato, le cui volute decorative ai lati indicano la forte ispirazione classica; è sorretta da due angeli, un cherubino dalla veste blu e un serafino dalla veste rossa, una formula rappresentativa più volte utilizzata nell’arte sacra dell’Italia settentrionale. L’origine di questa iconografia potrebbe essere ravvisata in un rilievo bronzeo realizzato a Padova da Donatello.

Il punto focale prospettico della composizione è concentrato in prossimità dell’ombelico del Cristo, da cui dipana il drappeggio del sudario retto dal cherubino.
Alle spalle del gruppo religioso si apre un vasto paesaggio con precisi riferimenti alla resurrezione. Lo sfondo a sinistra è composto da quinte degradanti che terminano all’orizzonte nella luce dorata del tramonto, posta in risalto dal contrasto con la residua nuvolosità sovrastante e l’azzurro delle cime montuose. Al di sotto del picco pietroso è visibile la sagoma delle mura di Gerusalemme, imperante sui campi verdeggianti dei pascoli, attraversati da un sentiero dove camminano le pie donne. A destra del gruppo lo sfondo appare dominato dalla punta del Golgota su cui svettano le tre croci spoglie. Sotto il colle roccioso si avvista una larga cava davanti alla quale gli scalpellini lavorano a una colonna e a una statua.

L’opera è firmata in basso, sullo spigolo del basamento del sarcofago: “ANDREAS MANTINIA

Il pittore, sposato con Nicolosia Bellini, continuava ad abitare nella stessa contrada Santa Lucia dove si era trasferito dalla casa dello Squarcione e, anche se il lavoro non mancava, tanto che aveva assoldato un aiutante, i compensi non dovevano essere eccezionali; si trovò infatti a dover impegnare un anello della moglie per poter tirare avanti. Egli doveva infatti portare a termine la pala d'altare per la chiesa di San Zeno a Verona, che fu eseguita fra il 1456 e il 1459.
 
Nel frattempo egli era stato invitato alla corte di  Mantova, città che, al di fuori della corte dei Gonzaga, non poteva certo vantare la stessa vita intellettuale di Padova. Tuttavia lì era atteso con grandi onori e il rapporto privilegiato che già aveva stretto col marchese Ludovico, era solo un anticipo della reverenza e dello status che gli sarebbero stati riservati dalla famiglia Gonzaga, perfetto modello di mecenatismo rinascimentale, che rese Mantova   uno dei principali centri della cultura umanistica del tempo.
 


Verona, San Zeno - Pala d'altare  (tempera su tavola)


Prima di trasferirsi a Mantova nella primavera del 1460, Mantegna portò a compimento l'importante pala per l'altare maggiore di San Zeno che il proprietario Gregorio Correr gli aveva richiesto.
Correr era un fine umanista, autore di tragedie e poemi ispirati a Seneca e Ovidio, ed è probabile che sia stato proprio lui ad introdurre l'artista al marchese Ludovico Gonzaga.
Per far sì che l'opera si inserisse meglio sull'altare della chiesa, sembra che abbia provveduto lo stesso pittore, ideando l'apertura di una finestra per sottolineare, con una fonte di luce naturale, l'artificio luministico adottato nella pittura. Mantegna, secondo i documenti, portò personalmente la pala a Verona alla fine del luglio 1459. Per il dipinto ricevette il compenso di 40 ducati.
La pala rimase integra al suo posto fino al 1797, quando fu trasferita in Francia col bottino napoleonico (merci, France).
Nel 1815 fu restituito solo il trittico maggiore. La predella invece andò smembrata fra Parigi e Tours e nella cornice originaria fu sostituita da copie.
 
Fonte:
Il solenne maestro - Maria Bellonci
(mca ringrazia)
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23.4.11




Andrea Mantegna - Cristo morto - Milano, Pinacoteca di Brera

Questa tempera su tela, eseguita intorno al 1500 , rimase di proprietà dei Gonzaga almeno fino al 1627, quando tutta la collezione andò dispersa. Al principio dell’Ottocento il quadro fu acquistato a Roma dal pittore Giuseppe Bossi, che poi lo rivendette all’Accademia di Belle Arti di Milano.

Il punto di vista della scena raffigurata costituisce un unicum assoluto nel panorama artistico del periodo. La visione, da un piano lievemente rialzato, consente di percepire l’interezza del corpo di Cristo, morto e esangue, per metà avvolto nel sudario e appoggiato su una lastra di pietra marmorea nuda, la cosiddetta pietra dell’unzione, sulla quale, prima della deposizione nel sepolcro, il corpo dei defunti veniva spalmato di oli aromatici secondo la tradizione rituale ebraica. Il gioco visivo permette di spostarsi intorno al dipinto mantenendo la stessa percezione prospettica, un virtuosismo sviluppato da Andrea Mantegna già dalle sue prime opere, durante i suo apprendistato nella bottega di Squarcione.*

*Prima di essere pittore s’era ingegnato in vari lavori, anche ad essere sarto. La sua fama non è tanto affidata alle opere pittoriche, quanto alla sua idea di aprire in Padova una scuola per supposti valenti e insegnare loro a tenere il pennello e mischiare i colori: alcuni erano tenuti come discepoli, altri, troppo poveri per pagarsi la scuola, adottati come figli. E così fu adottato, nel 1441, un ragazzetto di dieci/undici anni, figlio del falegname Biagio, inurbato in un paesino tra Vicenza e Padova. Si chiamava Andrea Mantegna, era uno dei più poveri e per oltre sette anni dovette subire le angherie del severo maestro che, con gli altri allievi, negli anni a venire, soleva promettere e minacciare insieme : “ ho fatto un omo de Andrea Mantegna come farò de ti!”

Fonte:
Maria Bellonci - Il Solenne Maestro 
 
* 






22.4.11

EARTH DAY

mAX eRNsT 1933 - La Foresta imbalsamata


                                                                        O sole, che dai fiducia soltanto a chi già confida! 

                                                                        E' solo alla dormiente,
                                                                        non alla morta speranza,  
                                                                        che si desta il tuo giorno...


O' sol que dàs confiança so à quem jà confia!

E' sò à dormente,
e nao à morta 'sperança,
que acorda o teu dia...

FERNANDO PESSOA


*

19.4.11

SE UN GIORNO CI VENISSE IN MENTE


                         Se un giorno ci venisse in mente di incontrarci...
           (cosa di cui in fondo dubito)
           allora per amor di Dio scegliamo un luogo
           in cui nessuno di noi sia stato prima.
           Una qualche isola remota nell' Egeo
           o una spiaggia nei pressi di Alessandria.


                                                     Potremo passare la notte insieme
                                    a bere, a parlare di nulla
                                    e magari remare sul mare al chiaro di luna
                                    e se non ci venisse in mente di annegarci
                                    potremo separarci sul far dell' alba
                                    felici, prima di essere tornati sobri.                               


                                                                     Sempre che esista un posto così
                                                         (cosa di cui - ripeto - dubito)
                                                         un posto in cui persino certi tardivi sprazzi di sole
                                                         e i profumi notturni di certi alberi
                                                         di tanto in tanto non ci ricordino
                                                         che abbiamo provato questo tante volte prima,
                                                         senza successo.

                                                                                Oppure lasciamo perdere l'idea di incontrarci.

                                                                                                 
 da:    Lettera - HENRIK NORDBRANDT

(riv.mca)
                                                                                                                                                     
 
*

17.4.11

POETRY

Regista: Lee Chang-dong
Non solo regista e insegnante di letteratura coreana (nel 1983 pubblicò un romanzo dal titolo Chonri ) ma anche Ministro della Cultura e del Turismo della Corea del Sud nel biennio 2003-2004. 
Ha trascinato il cinema coreano al successo in vari film-festival europei.

Non si può sentire un po' di soggezione nello scrivere di lui e dei suoi film che hanno, tutti e nessuno escluso, un effetto straniante sullo spettatore come sul critico, grazie al brillante accostamento di nobiltà di  puri sentimenti  a personaggi underground e realtà povere e emarginate.
Pellicole con un avvio a lenta carburazione, va detto, ma che scaldano e stimolano per il carisma delle loro ambientazioni con momenti di grande interesse e impatto psicologico contraddistinti da un profondo rammarico umano.

Protagonista:  Yu Junghee, il cui vero nome è Yoon Jeong-hee, quasi la sofialoren del panorama cinematografico coreano
Yu Junghee cominciò a recitare giovanissima, debuttando subito come protagonista in una pellicola drammatica di enorme successo. Amatissima dal pubblico fu la punta di diamante della casa di produzione Hapdong Film che, negli anni Sessanta, la inserì in quella triade di attrici chiamate con il soprannome “Troika” di cui facevano parte le sue rivali e colleghe Moon Hee e Nam Jeong-im. La concorrenza fra le tre sarà spietata, soprattutto per l'invidia suscitata dal fatto che fin da subito a lei fosse stata data l'occasione di comparire come primadonna in un film, mentre alle altre erano toccati anni di gavetta come comparse e interpretazioni di ruoli secondari. Va però detto che Yu Junghee (malgrado i quasi 330 film girati) abbandonerà per prima la lotta per il primato, per concentrarsi  sulla famiglia.
Nonostante ciò, per tutti gli anni Settanta e Ottanta, riescì ugualmente a mantenere un buon equilibrio fra il suo ruolo di moglie-madre e quello di interprete cinematografica di successo.
Sposata dal 1974 al celebre pianista classico Paik Kun-Woo , ha avuto da lui una figlia, e con essi vive a Parigi.

           
                                       Kun-Woo Paik Beethoven Piano Sonata No.17 3mov 
 

Come si fa a scrivere una poesia? Ecco la domanda ricorrente che pongono gli allievi di una scuola di scrittura.
La risposta è: la poesia non è qualcosa che si scrive sulla carta, è innanzitutto qualcosa scritto dentro di noi.
Il difficile non è scrivere - risponde il maestro - difficile è sentire”.

Vedersi in pace questo film del coreano Lee Chang-dong, uno dei più importanti registi e sceneggiatori del nuovo cinema asiatico, è come assumere un tranquillante di pronta efficacia.

Se siete un po’ stanchi, stressati dal lavoro, desiderosi di alternative alla bruttezza infinita, è il film giusto, ma attenzione, rischierete di addormentarvi vostro malgrado per l’efficacia rilassante della risposta, quasi il regista abbia inserito una sordina elegantissima, raccontando di fatti anche tragici, minimizzandoli con intenzione estetica, l'esatto contrario di quanto avviene generalmente nella cinematografia de’noaltri.

Il titolo comunque inganna: di poesia nemmeno una. Quindi, in caso la poesia non vi interessi, potrete guardarvelo ugualmente.
La poesia è infatti concentrata nel ritratto di Mija, una donna di semplice estrazione sociale, un po’ avanti negli anni, divisa fra uno stanchevole impiego di badante e un nipote adolescente da mantenere e tener d’occhio. Praticamente una nonna; che tuttavia non ha perso la sua femminilità, non ha rinunciato allo chic del vestiario e all’eleganza del pensiero, non è barricata in un suo mondo passsato, come è tendenza abituale degli anziani, ma incantata negli sguardi con cui abbraccia le cose e instancabile nell’indagare di esse. Una donna pericolosamente fragile - in una società in avanzato stato di occidentalizzazione - che per di più sta iniziando a segnalare imbarazzanti vuoti di memoria, la cui diagnosi appare inevitabilmente infausta: Alzheimer, malattia ormai largamente diffusa nella terza età di ogni ceto, sesso e latitudine. Per Mija, questi vuoti rappresentano una felice via di fuga da situazioni difficili, sono piccole pause di libertà da sé e di riposo dalle incalzanti preoccupazioni.

Il film è colmo di quelle disarmanti prerogative tipiche dell’indole asiatica, di cui noi Italiani abbiamo solo un’idea presunta e manchiamo di tenere di riserva per le occasioni che le richiederebbero, quali deferenza, mitezza, pazienza e accondiscendenza, peculiarità qui designate a replicare alla piattezza, alla volgarità e all’indifferenza che imperversano anche a est del mondo. Un miracoloso sopravvissuto di piccole virtù,   connaturate all’antica tradizione orientale, di cui si intuisce che si perderà ogni traccia nel prossimo passaggio generazionale.

Il film non è strepitoso, è molto grazioso, è poetico - appunto - alternativo, istruttivo; ci mette a contatto con quelle differenze culturali che è necessario conoscere per confrontarcisi, o sperimentare nuove vie salvifiche. Un elogio alla gentilezza, alla sensibilità e all’eleganza di pensiero che molte donne e anche molti uomini dovrebbero accogliere, per bilanciare l’empio concetto che della femminilità si sta formando nella coscienza collettiva del nuovo millennio.
Salviamo la donna! Uomini, registi, poeti, professori, giornalisti, critici d'arte aiutateci a farlo.  mca
Voto: alto



Cos'è questa?  Una mela...
Voi credete di averla vista migliaia di volte, centinaia di migliaia di volte.
Ma forse non l'avete mai vista per davvero.
Le cose che ci sono intorno, di solito non si guardano più.
Fermatevi ad osservarla. Attivate i vostri sensi.
Assaggiatela, odoratela, sperimentatene il contatto.
E così osservate il mondo, con attenzione e cura.
Questo è il modo per scrivere poesie: arrivare fin dentro l'anima delle cose.



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13.4.11

PIANURA PADANA: I PRATI CHE NON CI SONO PIU'




Grigna e luci della Valpadana - fotografo Marco Milani



Banalità, bruttezza, mancanza di qualsiasi valore estetico, nessun progetto geografico, carenza di elementi di equilibrio:  negli ultimi 20 anni la nostra pianura Padana è diventata espressione della rapacità nell’uso rapido di una risorsa ormai esclusivamente concepita per fabbricare denari, dando così origine a dei non luoghi che probabilmente non riusciranno nemmeno a sopravvivere a se stessi avendo comunque sacrificato per sempre la produttività dei nostri suoli migliori.

dalle voci di
Luca Mercalli - Climatologo
Edoardo Salzano - Urbanista




segui il capitolo 2 sul link http://www.ilsuolominacciato.it/




MANTOVA


Città della lombardia situata nella bassa pianura padana, sulla riva a destra del fiume Mincio.

Centro di una zona a economia quasi esclusivamente agricola, oltre ad essere il principale centro commerciale della provincia, Mantova è sede di alcune industrie laterizie, alimentari e chimico-agricole, e di altre minori a carattere artigiano (ceramiche , pianoforti ).

La provincia di Mantova si estende nella parte Sud-Orientale della bassa pianura lombarda ed è divisa dal po in due parti; la parte cispadana è attraversata dal Mincio, mentre la Secchia bagna la sezione transpadana.

A nord il territorio della provincia comprende le ondulazioni dell'anfiteatro morenicoche chiude a mezzogiorno il lagiìo di Garda .

Attività agricole: nella zona collinare più settentrionale, vite e gelso; nella pianura, cereali, prati, gelsi e barbabietole.Di rilevante importanza l'allevamento.

Le industrie consistono principalmente nella lavorazione dei prodotti agricoli (mulini, zuccherifici, salumifici, industria casearia); mentre il sottosuolo offre ghiaie, torba, calce: materiali che alimentano l'industria dei laterzi.


La fondazione della colonia di Cremona, nel 218 a.C., primo insediamento romano a nord del fiume Po, si inserì come un cuneo tra le aree di influenza delle due popolazioni celtiche, permettendo ai nuovi arrivati - formalmente alleàti con i Cenomani - di conquistare progressivamente il territorio.

L'ager cremonensis era compreso tra i fiumi Po, Adda ed Oglio, fino all'attuale abitato di Trigolo. La parte orientale della Provincia appartenne invece probabilmente al territorio di Bergamo.
CREMONA
Una svolta nella storia politico-amministrativa del territorio si ebbe nell'alto Medioevo con l'invasione longobarda dell'Italia settentrionale: dopo la conquista di Cremona, nel 603 d.C., il territorio fu suddiviso tra i ducati longobardi di Bergamo, Brescia, Piacenza, il Gastaldato di Sospiro (Cremona) ed il governo vescovile nella città stessa.
Tra il X e l'XI secolo la città di Cremona accrebbe il proprio potere: Matilde di Canossa donò al libero Comune l'Insula Fulcheria (ossia il Cremasco), mentre i vescovi della città ottennero importanti concessioni economiche dall'Imperatore. 
Nel XIV secolo il Comune di Cremona raggiunse la sua massima estensione, oltrepassando i confini dell'antico ager romano e addirittura dell'odierna Provincia.




VIGEVANO- LA PIAZZA


VIGEVANO - CASTELLO

La grandiosità di questa piazza fu voluta da Ludovico il Moro nel 1494, che desiderava un nobile ingresso per il suo Castello, eletto a residenza estiva degli Sforza.

Per ristrutturare il Castello, uno dei più grandi d'Europa, Ludovico chiamò artisti d'eccezione, come Leonardo da Vinci e il Bramante, a cui si deve la costruzione dell'imponente Torre.

Interessante anche la Chiesa di San Bernardo, eretta fuori le mura, e rimaneggiata fra la fine del Cinquecento e l'inizio del Seicento. Anticamente a lato della chiesa era collocato il patibolo. Curioso è invece il Museo della Calzatura, dove si ripercorre l'antica vocazione di Vigevano.

La Sforzesca, a pochi chilometri da Vigevano è un meraviglioso esempio di architettura rurale, posta su un terrazzo naturale affacciato sul Fiume Ticino.


REGGIO EMILIA Piazza Prampolini, nota come "Piazza grande",
è la piazza principale della città su cui si affacciano
il pregevole Battistero romanico, il Palazzo Vescovile,
la Cattedrale, il Palazzo Comunale.

Situata lungo la Via Emilia e capoluogo dell'omonima provincia, Reggio Emilia (Regium Lepidi) divenne nel II sec. a.C.   importante centro urbano romano con un'intensa vita commerciale.
Nel corso dell'XI secolo il territorio reggiano rappresentò il fulcro della contea di Matilde di Canossa. Comune schierato con Milano contro Federico Barbarossa, fu poi agitato dalle lotte tra fazioni interne, e cadde sotto diversi dominatori, tra cui Estensi, Gonzaga e Visconti. Dopo un breve periodo romano, condivise il destino estense prima di Ferrara e poi di Modena, dando tra l'altro i natali a Ludovico Ariosto.
Reggio Emilia è nota anche per aver dato i natali al tricolore, la bandiera nazionale, apparsa qui per la prima volta
durante l'occupazione Napoleonica.



San Colombano al Lambro - circa 15 km da Lodi 

Il nome del centro urbano che sorge sui colli banini si deve al monaco irlandese che durante il suo apostolato convertì le popolazioni barbare che abitavano il territorio padano, nel VI secolo d.C.
In epoca romana queste terre furono teatro di grandi battaglie, prima fra tutte lo scontro del Ticino, dove nel 217 a.C. le armate cartaginesi di Annibale inflissero una pesante sconfitta alla potenza di Roma. L’edificazione del castello risale ai primi anni del XII secolo, ed è opera di Federico I di Svevia, conosciuto come “Barbarossa”.
In realtà si parla di una riedificazione, in quanto l’imperatore, riconoscendo in queste terre la grande posizione strategica, che domina sia la valle del Po che del Lambro, costruì la sua fortezza sulle fondamenta di un’altra roccaforte preesistente, appartenente alla signoria milanese, che egli stesso, a fini di conquista, aveva distrutto.
Nei secoli successivi il castello assunse il valore di dimora, e passò di casata in casata, tra cui quella dei Visconti, durante il quale il celebre poeta Francesco Petrarca fu gradito ospite del conte Giovanni, degli Sforza e della famiglia Belgioioso, la quale conservò il dominio sulla costruzione fino alla prima metà del XX secolo.



IL FIUME TICINO
Il Parco Lombardo del Ticino, primo parco regionale d’Italia, nacque nel 1974 per difendere il fiume e i numerosi ambienti naturali della Valle del Ticino dagli attacchi dell’industrializzazione e di un’urbanizzazione sempre più invasiva, cercando di applicare un sistema di protezione differenziata alle aree naturali, agricole e urbane.





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