Qui non mi trovate,
io qui non ci sono.
Sto nella stanza accanto
dove non c'è nessuno.

6.7.10

Hoo ho

Currado Gianfigliazzi nobile cittadino, liberale e magnifico, vita cavalleresca tenendo, con un suo falcone avendo un dì una gru ammazata, trovandola grassa e giovane, quella mandò ad un suo buon cuoco, il quale era chiamato Chichibio, ed era viniziano, dicendo che a cena l'arrostisse e governassela bene.

Chichibio, acconciata la gru, la mise a fuoco e con sollicitudine a cuocerla cominciò. La quale, essendo già presso che cotta, grandissimo odor venendone, avvenne che una feminetta della contrada, di cui Chichibio era forte innamorato, entrò nella cucina; e sentendo l'odor della gru e veggendola, pregò caramente Chichibio che ne le desse una coscia.
Chichibio le rispose no.

- In fè di Dio, se tu non la mi dai, tu non avrai da me più cosa che ti piaccia - e in brieve le parole furon molte. Alla fine Chichibio, spiccata l'una delle cosce alla gru, gliela diede.

Essendo poi davanti a Currado e ad alcun suo forestiere messa la gru senza coscia, e Currado maravigliandosene, fece chiamare Chichibio e domandollo che fosse divenuta l'altra coscia della gru. Al quale il vinizian bugiardo subitamente rispose: - Signor mio, le gru non hanno se non una coscia e una gamba.

Currado allora turbato disse: - Come diavol non hanno che una coscia e una gamba? Non vid'io mai più gru che questa?

Chichibio seguitò: - Egli è, messer, com'io vi dico; e quando vi piaccia, io il vi farò veder nei vivi.

Currado, per amor dei forestieri che seco aveva, non volle dietro alle parole andare, ma disse: - Poi che tu dì di farmelo vedere né vivi, cosa che io mai più non vidi né udii dir che fosse,  io il voglio veder domattina e sarò contento; ma io ti giuro che, se altramenti sarà, io ti farò conciare in maniera che tu con tuo danno ti ricorderai, sempre che tu ci viverai, del nome mio.

Finite adunque per quella sera le parole, la mattina seguente come il giorno apparve, Currado, a cui non era per lo dormire l'ira cessata, comandò che i cavalli gli fosser menati; e fatto montar Chichibio sopra un ronzino, verso una fiumana, alla riva della quale sempre soleva in sul far del dì vedersi delle gru, nel menò dicendo: - Tosto vedremo chi avrà iersera mentito, se tu o io.

Chichibio cavalcava appresso a Currado con la maggior paura del mondo, e volentieri, se potuto avesse, si sarebbe fuggito; ma non potendo, ora innanzi e ora addietro e da lato si riguardava, e ciò che vedeva credeva che gru fossero che stessero in due piedi.

Ma già vicini al fiume pervenuti, gli venner, prima che ad alcun, vedute sopra la riva di quello ben dodici gru, le quali tutte in un piè dimoravano, si come quando dormono sogliono fare. Per che egli prestamente mostratele a Currado, disse: - Assai bene potete, messer, vedere che iersera vi dissi il vero, che le gru non hanno se non una coscia e un piè.

Currado vedendole disse: - Aspettati, che io ti mostrerò che elle n'hanno due -; e fattosi alquanto più a quelle vicino gridò: - Hoo ho - ; per lo qual grido le gru, mandato l'altro piè giù, tutte dopo alquanti passi cominciarono a fuggire. Laonde Currado rivolto a Chichibio disse: -Che ti par, ghiottone? Parti ch'elle n'abbian due?


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Chichibio quasi sbigottito, non sappiendo egli stesso donde si venisse, rispose: - Messer sì, ma voi non gridaste - hoo ho - a quella di iersera. -

Giovanni Boccaccio
Decameron (VI giornata IV novella)
(sintesi di mca)
 
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