Esco sulla via incasinata.
Perdurano gli odori dei gas di scappamento, ma il cielo è terso, il sole è ancora affacciato alle finestre dei piani alti e manda bagliori sulla strada grigia. L’aria è quasi tiepida. Abbasso la cerniera al piumino.
Robert Rauschenberg |
Sono le quattro del pomeriggio e le banche stanno tutte chiudendo. Nel breve tratto che percorro per giungere al Cordusio se ne contano sette, fra cui la grande Banca d’Italia, nella sua sede imponente, presidiata dai carabinieri.
Scendo nella stazione della Metro Rossa. Quando si decideranno a fare le scale mobili? Una signora anziana, carica di borsoni, scende prudentemente un gradino per volta, mi sembra di vederla in equilibrio precario.
Decisamente Non è un paese per vecchi, nemmeno il nostro.
E neanche un paese per bambini, né un paese per donne, né... né... né.
Restituisco all’edicola il quotidiano che per errore mi è stato venduto stamattina.
Avevo chiesto la copia di ieri, quella con l’inserto domenicale, ma mi hanno dato quella di sabato con le pagine finanziarie. Non so che farmene.
I giornalai, sono in due, mi conoscono e effettuano lo scambio senza battere ciglio.
Sono sempre gentili, mi tengono da parte le pubblicazioni che prenoto e sorridono con facilità.
Il meno giovane è già da un po’ che mi sta dando del tu, sebbene io continui a rispondergli con il lei.
Credo lo faccia con tutta la clientela femminile, che sciama in continuazione davanti al suo botteghino.
Robert Rauschenberg |
E’ un bell’uomo, i capelli li ha quasi del tutto bianchi, ma il viso è giovane, cordiale. Le vere femmine sono sempre state attratte dal capello bianco: vedi per esempio George Clooney!
Essendo uscita presto dal lavoro, ho deciso di passare alla Libreria Scientifica e ritirarmi Leo & C. , la biografia di Leo Castelli della Johan & Levy, che avevo ordinato dopo le feste e finalmente è arrivato.
L’edizione francese di Leo & C. ha vinto l’Artcurial Prize per il miglior libro d’arte contemporanea nel 2010.
Ma chi è questo Leo Castelli?
Ne avrete sicuramente sentito parlare...o magari no.
E’ uno dei paladini, forse il più noto, dei grandi movimenti dell’arte americana - dalla Pop alla Conceptual Art.
Nato nel 1907 a Trieste, città crocevia di etnie e culture, tedesca, italiana, slava e ebraica (il suo vero nome era Leo Krauss, Castelli era il nome della madre che lui adottò per "comodità"), Leo trascorse i primi trent’anni fra Vienna, Milano, Budapest, Bucarest e Parigi, che in quegli anni era un faro intellettuale per tutto il mondo.
Nel 1941, in seguito all'invasione tedesca della Francia ed alle leggi razziali, si trasferì a New York.
All'inizio espose artisti europei come Wassily Kandinsky, ma ben presto la «Leo Castelli Gallery» al numero 420 di West Broadway si concentrò sugli artisti americani dell'espressionismo astratto come Jackson Pollock e Willem de Kooning (scusate se è poco).
Dall’apertura della prima galleria, nel 1957, fino alla morte avvenuta nel 1999, Castelli dominò la vita culturale newyorkese elevando lo status dell’artista americano, che in quegli anni raggiunse la vetta più alta nel panorama artistico mondiale. Imprenditore infaticabile nella ricerca del nuovo, fu sempre pronto a correre i rischi del mestiere e a servirsi delle strategie commerciali più efficaci per dare visibilità ai suoi protetti.
Affiancato da Ileana Sonnabend - ex moglie dallo strabiliante fiuto per il talento artistico, con cui mantenne negli anni un rapporto di grande complicità, Castelli promosse i lavori degli artisti emergenti, rivoluzionando la cultura figurativa.
La scoperta di Jasper Johns, suo feticcio artistico, e la consacrazione di Robert Rauschemberg alla Biennale di Venezia del 1964 furono i primi colpi messi a segno. Si susseguirono numerose altre epifanie: Frank Stella, Roy Lichtestein, Andy Warhol, James Rosenquist, Keith Haring, per citarne solo alcuni, che oggi lo consacrano come grande mecenate e creatore di astri.
Vabbè il libro non è per me, devo regalarlo, però ho qui anche una lista di titoli per la mia spesa settimanale.
Sono due fermate di metropolitana, e alcune centinaia di metri, per arrivarci, è un po' lunga, ma decido di farmela a piedi, e godermi gli anticipi della primavera.
Sono due fermate di metropolitana, e alcune centinaia di metri, per arrivarci, è un po' lunga, ma decido di farmela a piedi, e godermi gli anticipi della primavera.
Per fortuna ho avuto la saggia idea di non mettermi i tacchi e perciò la distanza non mi spaventa.
Percorro i sottopassi che uniscono il Cordusio al Duomo e sbuco sul sagrato. La facciata della cattedrale manda riflessi corallini.
Un capannello di gente si è accalcato intorno a una sposa in bianco, che stanno immortalando per il book nuziale. Questi spettacoli attraggono sempre il pubblico. La sposa è molto magra e ha un’aria esotica, forse è solo la modella di un servizio fotografico.
Come al solito i negozi che affacciano sul corso hanno le porte spalancate. Il calore ne esce a zaffate e ha un odore fastidioso, metallico, stanco.
Questi qui bloccano le auto e intanto i riscaldamenti vanno a tutto gas.
La verità è che non gliene frega niente a nessuno dell'inquinamento, fermare il traffico per un giorno non serve a niente, è fare solo propaganda.
In un battibaleno arrivo a Piazza San Babila.
La zona pedonale termina.Lascio passare l'autobus e attraverso la strada in apnea fra auto e moto che vanno sempre troppo veloci.
A cinque all'ora bisognerebbe andare!
A cinque all'ora bisognerebbe andare!
Fuori dalla Commercio & Industria in via Borgogna, elegante in completo scuro e cravatta, appoggiato a una paratia di vetro specchiato, un bell'uomo in piedi sta fumandosi una sigaretta.
Lo sfioro appena con gli occhi ma lo riconosco all'istante.
Saranno passati dieci anni ed è ancora il bancario più carino di tutto l'ABI CAB milanese. Lui mi guarda soprappensiero, sembra non riconoscermi affatto: vorrà dire che non sono fra quelle clienti giudicate indimenticabili.
Mi lancia però un secondo sguardo, e accorgendosi che gli sto sorridendo da dietro gli occhiali da sole, sembra all'istante molto interessato.
Forse adesso che mi sono avvicinata mi ha riconosciuto. Sembra quasi contento.
Le donne cambiano più degli uomini.
Si sa: pettinature, colori e moda possono giocare a favore o a sfavore in alcuni momenti. Peccato, penso, mentre lui si china un po' per lo scambio dei baci d'obbligo, peccato non essermi messsa i tacchi alti: un bel paio di tacchi non mancano mai di farmi fare la mia porca figura...
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