Le maggiori notizie di Paul Gauguin sono quelle rintracciabili nei Diari da lui stesso redatti, nei quali si rileva tuttavia un’evidente tendenza a dipingere se stesso in modo piuttosto idealistico.
L’episodio più universalmente conosciuto su di lui è quello relativo al litigio con l’amico Van Gogh che in quel periodo, essendo egli senza mezzi, lo stava ospitando (e mantenendo) a Arles e in seguito al quale Vincent si ritrovò con un orecchio mozzato. Le cronache ufficiali vogliono che fu lo stesso Van Gogh a tagliarselo in un raptus autodistruttivo, ma si vocifera che Van Gogh abbia invece cavallerescamente scagionato l’amico Paul dall’avergli procurato la lesione, asserendo di essersela auto-inflitta. Fatto è che Gauguin tagliò rapidamente la corda e se quella volta riuscì a scampare alla denuncia, la prigione non gli fu risparmiata in altre occasioni.
L’ampia raccolta di lettere intercorse fra Gauguin, Van Gogh e il di lui fratello Theo tra il 1887 e il 1891 rappresenta una testimonianza fondamentale di quel particolare legame artistico e umano che unì i tre amici, evidenziando i più intimi particolari della loro personalità, del loro carattere e dei loro pensieri sull’arte, la pittura e la vita. Il rapporto tra Van Gogh e Gauguin era iniziato a Parigi nel 1887 con uno scambio reciproco di quadri che avrebbe fornito poi il pretesto per le prime lettere. L’anno seguente, mentre Theo si fermava a Parigi rimanendo un punto di riferimento per i due pittori, i due artisti partirono separatamente alla ricerca del “selvaggio”, guidati dalla comune e urgente smania di dipingere. Gauguin si recò in Bretagna mentre Vincent andò a sud, in Provenza, il paese dei toni azzurri e dei colori allegri, precisamente ad Arles.
Tutta la prima parte dell’epistolario è incentrata sulle difficoltà economiche di Gauguin, complicate dal suo debole stato di salute, e sull’invito ad Arles da parte di Vincent, desideroso di condividere il suo studio e la sua casa gialla con quel pittore assai in gamba che egli dimostra di stimare oltre misura. Le preoccupazioni per la salute, l’umore e lo stato economico di Gauguin da parte di Vincent erano reali e sincere. La soluzione auspicata per risolvere i comuni problemi di sussistenza che impedivano a entrambi il sereno svolgimento del loro lavoro, era quella di convivere temporaneamente ad Arles, dividendo vitto, alloggio e spese e lavorando affiancati con il sostegno economico di Theo.
Era il 22 ottobre 1888 quando Gauguin, senza eccessive aspettative o speranze, lasciò la Bretagna per la Provenza. Ripensando a quell’esperienza nel 1903, poco prima di morire, nei suoi diari avrebbe così ricordato: “ Impiegai alcune settimane per cogliere l’aspro sapore di Arles e dintorni. Ciò non toglie che si lavorasse sodo, soprattutto Vincent. All’interno di due esseri, lui e io, uno un vero vulcano e l’altro non meno focoso, si stava preparando i qualche modo una lotta.”
Per nove settimane i due quindi lavorarono insieme, realizzando ciascuno una ventina di quadri. Il loro rapporto però, che fino a quel momento era rimasto molto superficiale, riservò a entrambi più di una delusione. Così Gauguin scrisse. “ Io e Vincent ci troviamo in generale ben poco d’accordo, soprattutto in pittura. I miei quadri gli piacciono molto, ma quando ci lavoro, trova sempre che sbaglio a fare questo o quello. E’ un romantico, mentre io sono più portato a uno stato primitivo.”
A impedire un sereno rapporto c’era dunque una differenza di carattere e di personalità.
Gauguin era infastidito dalla debolezza della psiche e dall’instabilità delle emozioni di Vincent. Lo stato di estrema tensione fra i due sarebbe alla fine sfociata nel tragico evento del taglio dell’orecchio che avrebbe indotto Gauguin a lasciare Arles in tutta fretta. I due amici non si sarebbero mai più rincontrati.
Paul Gauguin - Otahi ( solitaria ) - 1893 |
Donde veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?
Ecco le cruciali domande a cui Gauguin tentò di dare risposta.
Nella sua costante ricerca espressiva, che aveva già registrato un fugace passaggio attraverso Impressionismo e Simbolismo, Gauguin si era aperto a uno stile di pittura che aveva sostanzialmente abolito prospettiva ed effetti luce-ombra per adottare forme piatte, semplificate e dai colori puri, stesi a grandi pennellate entro profili scuri ben delineati.
Quello che Gauguin capì di stare idealmente cercando era una società dove i rapporti fra uomo e donna fossero armoniosi, naturali, regolati da un codice implicito, tipico delle collettività ancora provviste di tradizione.
Nella società europea questo codice era stato profondamente sconvolto e il sogno artistico era ormai generalmente affollato da figure di donne minacciose e fatali.
Fu questo ideale di spiritualità quasi buddhista a determinare la partenza di Gauguin verso le isole remote del Sud Pacifico, ancora inesplorate dagli artisti fino a quell' epoca.
A bordo di un mercantile sbarcò a Papeete nella primavera del 1891, colmo di speranza e con questo saluto nel cuore:
Giungo in questo luogo dove è ignota la terra sotto i miei piedi
Giungo in questo luogo dove è nuovo il cielo sopra la mia testa.
Giungo in questa terra che sarà la mia dimora…
Spirito della terra, lo straniero t’offre il suo cuore perché tu te ne nutra.
Inseriti nell' eden naturalistico e spirituale delle isole, ecco rappresentati in un’inattività sognante i seni nudi e le magnifiche schiene e i fianchi delle Tahitiane solcate dalle nere ciocche dei capelli e fasciate nei parei fiorati .
La grande suggestione creata da queste atmosfere esotiche è principalmente frutto delle armonie coloristiche e della primitività delle forme.
Le figure semplificate fanno pensare ad una pittura eseguita di getto; in realtà ogni composizione è stata accuratamente studiata alla ricerca di nuove soluzioni stilistiche
Un' innovazione fondamentale nell'Arte, che avrà grande influenza sulla pittura posteriore e spianerà la strada all’astrattismo.
Ecco le cruciali domande a cui Gauguin tentò di dare risposta.
Nella sua costante ricerca espressiva, che aveva già registrato un fugace passaggio attraverso Impressionismo e Simbolismo, Gauguin si era aperto a uno stile di pittura che aveva sostanzialmente abolito prospettiva ed effetti luce-ombra per adottare forme piatte, semplificate e dai colori puri, stesi a grandi pennellate entro profili scuri ben delineati.
Quello che Gauguin capì di stare idealmente cercando era una società dove i rapporti fra uomo e donna fossero armoniosi, naturali, regolati da un codice implicito, tipico delle collettività ancora provviste di tradizione.
Nella società europea questo codice era stato profondamente sconvolto e il sogno artistico era ormai generalmente affollato da figure di donne minacciose e fatali.
Fu questo ideale di spiritualità quasi buddhista a determinare la partenza di Gauguin verso le isole remote del Sud Pacifico, ancora inesplorate dagli artisti fino a quell' epoca.
A bordo di un mercantile sbarcò a Papeete nella primavera del 1891, colmo di speranza e con questo saluto nel cuore:
Giungo in questo luogo dove è ignota la terra sotto i miei piedi
Giungo in questo luogo dove è nuovo il cielo sopra la mia testa.
Giungo in questa terra che sarà la mia dimora…
Spirito della terra, lo straniero t’offre il suo cuore perché tu te ne nutra.
Inseriti nell' eden naturalistico e spirituale delle isole, ecco rappresentati in un’inattività sognante i seni nudi e le magnifiche schiene e i fianchi delle Tahitiane solcate dalle nere ciocche dei capelli e fasciate nei parei fiorati .
La grande suggestione creata da queste atmosfere esotiche è principalmente frutto delle armonie coloristiche e della primitività delle forme.
Le figure semplificate fanno pensare ad una pittura eseguita di getto; in realtà ogni composizione è stata accuratamente studiata alla ricerca di nuove soluzioni stilistiche
Un' innovazione fondamentale nell'Arte, che avrà grande influenza sulla pittura posteriore e spianerà la strada all’astrattismo.
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