LISBOA
Il tramonto si diffonde nelle nuvole
sparse sull’intero orizzonte.
Riflessi colorati, riflessi soavi,
riempiono i contrasti dell’aria alta,
galleggiano assenti nelle grandi inquietudini
dell’altezza.
Sopra i tetti aguzzi,
metà illuminati, metà in ombra,
gli ultimi raggi lenti del sole calante
assumono tinte che non appartengono al colore,
né a ciò che colorano.
Scende la grande quiete
sulla superficie rumorosa
e la città scivola nel silenzio.
Oltre il colore e il rumore,
respira tutto con un sorso profondo e muto.
Sulle case che il sole non tocca,
i colori prendono i toni del grigio.
C’è del freddo nella loro diversità .
Una piccola inquietudine dorme
nelle false vallate delle strade.
Dorme e riposa.
E a poco a poco,
sopra le nuvole basse,
i riflessi si fanno ombra.
Soltanto su quella piccola nuvola,
che plana come un’aquila candida,
il sole conserva da lontano,
il suo oro sorridente.
Amo, negli interminabili crepuscoli estivi,
la calma della città bassa,
sopratrtutto quella calma che per contrasto
si accentua nella zona
che il giorno immerge in una maggior confusione.
E, affacciato al davanzale,
godendomi la giornata al di sopra del volume della città intera,
un unico pensiero mi riempie l'animo:
il desiderio intimo di morire, finire,
non vedere più alcuna luce su città alcuna,
lasciare indietro, come una carta da imballaggio,
il percorso del sole e dei giorni.
In quelle ore lente e vuote
mi sale dal cuore alla mente una tristezza di tutto il mio essere:
l'amarezza che tutto sia al contempo una mia sensazione
e una cosa esterna che non mi è permesso cambiare.
E i miei stessi sogni si fanno cose, come il tram che sbuca dalla curva
o la voce del tardivo venditore
che sgorga da una cadenza araba,come un fiotto improvviso,
dalla monotonia del crepuscolo.
la calma della città bassa,
sopratrtutto quella calma che per contrasto
si accentua nella zona
che il giorno immerge in una maggior confusione.
E, affacciato al davanzale,
godendomi la giornata al di sopra del volume della città intera,
un unico pensiero mi riempie l'animo:
il desiderio intimo di morire, finire,
non vedere più alcuna luce su città alcuna,
lasciare indietro, come una carta da imballaggio,
il percorso del sole e dei giorni.
In quelle ore lente e vuote
mi sale dal cuore alla mente una tristezza di tutto il mio essere:
l'amarezza che tutto sia al contempo una mia sensazione
e una cosa esterna che non mi è permesso cambiare.
E i miei stessi sogni si fanno cose, come il tram che sbuca dalla curva
o la voce del tardivo venditore
che sgorga da una cadenza araba,come un fiotto improvviso,
dalla monotonia del crepuscolo.
Ponte Vasco de Gama visto dal Tejo |
racconto con indifferenza
la mia autobiografia priva di avvenimenti,
la mia storia priva di vita.
Sono le mie confessioni,
e se in esse non dico niente,
è perchè non c'è nulla da dire.
da Il libro dell'inquietudine di F. Pessoa
elaborazione di mca
Pessoa illustrato. Interessante...
RispondiEliminaAnche questo è un modo di viaggiare...
RispondiEliminaAndando alla ricerca dell'anima di una città attraverso gli occhi e i pensieri di chi l'ha raccontata.
Ciao DR
mca