AUTORE Franzen, Jonathan
EDITORE Einaudi
ANNO 2002
Jonathan Franzen osserva i suoi personaggi con occhio beffardo e a momenti spietato, riuscendo a cogliere di loro proprio quello che invece essi preferirebbero nascondere o, meglio ancora, fingere di non sapere.
Franzen è un giovane scrittore che sfrutta il suo talento per tessere un ritratto sociale all’acido muriatico, senza risparmiarsi argomenti ingombranti come l’incapacità di sacrificare i propri principi davanti agli imperativi della vita, il senso d’inadeguatezza di fronte al mondo, l’amor proprio ferito per le delusioni arrecate e subite, i bisogni affettivi delusi, la vergogna per la privacy violata, i compromessi inevitabili con se stessi e col nemico nei momenti estremi, le umiliazioni insopportabili dell’avanzare dell’età e delle malattie. Non lasciamoci spaventare dalle 600 pagine di lettura: il romanzo è interamente godibile per i lettori navigati che apprezzino la letteratura americana delle nuove leve, abbiano un background culturale di notevole spessore e ancor meglio se anglofoni. Il libro è consigliabile leggerlo speditamente, non i dieci minuti prima di addormentarsi la sera: si potrebbe rischiare di perdere il filo e quindi la fluidità del racconto, che merita invece la giusta attenzione, ripagandoci ampiamente delle energie impiegate.
Meglio che attendano invece i lettori alle prime armi perché questo romanzo è impegnativo per le proporzioni e per gli argomenti trattati: si rischierebbe di affibbiare una bocciatura motivata solo dai propri limiti.
Ne “ Le Correzioni” Franzen ci presenta una famiglia middle-class, i Lambert, inserita in uno spaccato di vita americana che mette in evidenza il gap culturale fra la realtà disordinata e trasgressiva delle grandi città dell’East cost, come New Nork e Philadelphia, e il persistente provincialismo benpensante del Mid-west, in cui prevalgono ancora i vecchi principi di un puritanesimo radicale, che da sempre ha sfornato i personaggi più farisaici o più trasgressivi della storia americana.
Alfred ed Enid si sono sposati alla fine degli anni ‘50 senza nutrire eccessiva stima reciproca ma per ragioni futili o di comodo: Alfred, intelligente e ligio al dovere fino al parossismo, è convinto che Enid sia in fondo una sciocca, mentre Enid considera Alfred noioso e intransigente ma lo sposa perché sa ballare e ha un ottimo stipendio da ingegnere, illudendosi che col tempo riuscirà a cambiarlo.
Entrambi vittime di principi rigidi e superati, e condannati dall’obbligo sociale di mantenere una facciata che li renda integrati nella comunità cittadina e simili in tutto alle altre famiglie più agiate di loro, i due coniugi precipitano presto in una realtà domestica grigia ed opprimente che non risparmierà neppure i loro tre figlioletti, allevati secondo imperativi morali asfissianti e ossessivi, obbligati a contegni da manuale, sempre sottoposti all’obbligo di obbedienza sotto minaccia di sanzioni o castighi corporali.
Il figlio maggiore Gary, il più ambizioso, ostinato ed integrato fra i tre, eredita il carattere intransigente del padre, ma la frustrazione e le forti conflittualità che ne derivano, lo esporranno pericolosamente ai richiami dell’alcool e ad una depressione incombente che egli vive come vergogna e si sforza con ogni mezzo di mimetizzare sotto altri segni.
Il secondogenito, Chip, il più ribelle e brillante fra i due maschi, è quello che maggiormente ha sofferto del rigore paterno e, nonostante l’evidente superiorità intellettuale, è inaffidabile, costantemente squattrinato e disattenderà tutte le attese della famiglia, accumulando fallimenti ed aggravandoli ad ogni tentativo di recupero.
Vittima del moralismo e dei condizionamenti, la figlia minore Denise, apparentemente la più assoggettata all’autorità familiare, si abitua ad esiliarsi dalle proprie emozioni e cresce in una sorta di confusione morale che la renderà incerta persino della propria identità sessuale.
Nessuno di loro alla fine sarà ciò che i genitori avrebbero desiderato o essi stessi avrebbero voluto essere.
Le correzioni sono dunque quelle che ognuno riceve o cerca di infliggere agli altri; i piccoli o grandi cambi di rotta necessari per aggiustare quello che non funziona, le correzioni molte volte impossibili da dare a se stessi e alla propria ineluttabile esistenza.
Pagine memorabili quelle in cui Franzen affronta la malattia senile del padre-marito tirannico ma in fondo amato che, di fronte allo sgomento impotente della famiglia, metterà in ginocchio questo mastodonte di moralità, smantellandolo crudelmente pezzo per pezzo, risparmiando di lui solo un senso della dignità incrollabile fino alla fine.
EDITORE Einaudi
ANNO 2002
Jonathan Franzen osserva i suoi personaggi con occhio beffardo e a momenti spietato, riuscendo a cogliere di loro proprio quello che invece essi preferirebbero nascondere o, meglio ancora, fingere di non sapere.
Franzen è un giovane scrittore che sfrutta il suo talento per tessere un ritratto sociale all’acido muriatico, senza risparmiarsi argomenti ingombranti come l’incapacità di sacrificare i propri principi davanti agli imperativi della vita, il senso d’inadeguatezza di fronte al mondo, l’amor proprio ferito per le delusioni arrecate e subite, i bisogni affettivi delusi, la vergogna per la privacy violata, i compromessi inevitabili con se stessi e col nemico nei momenti estremi, le umiliazioni insopportabili dell’avanzare dell’età e delle malattie. Non lasciamoci spaventare dalle 600 pagine di lettura: il romanzo è interamente godibile per i lettori navigati che apprezzino la letteratura americana delle nuove leve, abbiano un background culturale di notevole spessore e ancor meglio se anglofoni. Il libro è consigliabile leggerlo speditamente, non i dieci minuti prima di addormentarsi la sera: si potrebbe rischiare di perdere il filo e quindi la fluidità del racconto, che merita invece la giusta attenzione, ripagandoci ampiamente delle energie impiegate.
Meglio che attendano invece i lettori alle prime armi perché questo romanzo è impegnativo per le proporzioni e per gli argomenti trattati: si rischierebbe di affibbiare una bocciatura motivata solo dai propri limiti.
Ne “ Le Correzioni” Franzen ci presenta una famiglia middle-class, i Lambert, inserita in uno spaccato di vita americana che mette in evidenza il gap culturale fra la realtà disordinata e trasgressiva delle grandi città dell’East cost, come New Nork e Philadelphia, e il persistente provincialismo benpensante del Mid-west, in cui prevalgono ancora i vecchi principi di un puritanesimo radicale, che da sempre ha sfornato i personaggi più farisaici o più trasgressivi della storia americana.
Alfred ed Enid si sono sposati alla fine degli anni ‘50 senza nutrire eccessiva stima reciproca ma per ragioni futili o di comodo: Alfred, intelligente e ligio al dovere fino al parossismo, è convinto che Enid sia in fondo una sciocca, mentre Enid considera Alfred noioso e intransigente ma lo sposa perché sa ballare e ha un ottimo stipendio da ingegnere, illudendosi che col tempo riuscirà a cambiarlo.
Entrambi vittime di principi rigidi e superati, e condannati dall’obbligo sociale di mantenere una facciata che li renda integrati nella comunità cittadina e simili in tutto alle altre famiglie più agiate di loro, i due coniugi precipitano presto in una realtà domestica grigia ed opprimente che non risparmierà neppure i loro tre figlioletti, allevati secondo imperativi morali asfissianti e ossessivi, obbligati a contegni da manuale, sempre sottoposti all’obbligo di obbedienza sotto minaccia di sanzioni o castighi corporali.
Il figlio maggiore Gary, il più ambizioso, ostinato ed integrato fra i tre, eredita il carattere intransigente del padre, ma la frustrazione e le forti conflittualità che ne derivano, lo esporranno pericolosamente ai richiami dell’alcool e ad una depressione incombente che egli vive come vergogna e si sforza con ogni mezzo di mimetizzare sotto altri segni.
Il secondogenito, Chip, il più ribelle e brillante fra i due maschi, è quello che maggiormente ha sofferto del rigore paterno e, nonostante l’evidente superiorità intellettuale, è inaffidabile, costantemente squattrinato e disattenderà tutte le attese della famiglia, accumulando fallimenti ed aggravandoli ad ogni tentativo di recupero.
Vittima del moralismo e dei condizionamenti, la figlia minore Denise, apparentemente la più assoggettata all’autorità familiare, si abitua ad esiliarsi dalle proprie emozioni e cresce in una sorta di confusione morale che la renderà incerta persino della propria identità sessuale.
Nessuno di loro alla fine sarà ciò che i genitori avrebbero desiderato o essi stessi avrebbero voluto essere.
Le correzioni sono dunque quelle che ognuno riceve o cerca di infliggere agli altri; i piccoli o grandi cambi di rotta necessari per aggiustare quello che non funziona, le correzioni molte volte impossibili da dare a se stessi e alla propria ineluttabile esistenza.
Pagine memorabili quelle in cui Franzen affronta la malattia senile del padre-marito tirannico ma in fondo amato che, di fronte allo sgomento impotente della famiglia, metterà in ginocchio questo mastodonte di moralità, smantellandolo crudelmente pezzo per pezzo, risparmiando di lui solo un senso della dignità incrollabile fino alla fine.
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