LA PRIMA COSA BELLA
Regia: Paolo Virzì
Interpreti:
Stefania Sandrelli
Micaela Ramazzotti
Valerio Mastandrea
Claudia Pandolfi
Aurora Frasca e Giacomo Bibbiani
Paolo Virzì ancora una volta ci racconta i punti deboli della bella famiglia italiana, alzando il sipario sui tipici segni di riconoscimento di quell’italianità DOC che tanti disastri produce, quella che per primi ci sentiamo pronti a dileggiare, ravvisandola negli altri, ma di cui portiamo le stigmate da Nord a Sud, per l’intero Stivale.
Qui siamo a Livorno, ridente cittadina della progredita Toscana, culla del Rinascimento, della civiltà e della bellezza italica.
Nonostante il prosperare delle controcorrenti culturali degli anni ‘70, nemmeno da quelle parti, se eri donna, scampavi all’atavico maschilismo, l’insana gelosia e il bisogno di dominio che fanno sentire in pace col proprio orgoglio ogni maschio verace, salvo tu non stessi comodamente al riparo di un’irreparabile bruttezza, con buona pace dei sensi per tutti.
Ma la donna che Virzì mette in questione è più che bella, è incantevole (tant’è vero che se l’è sposata), ha la fragranza luminosa e inconsapevole del fiore che dice “guardami!”, ed ogni uomo vorrebbe cogliere.
E’ l’ingenua moglie di un tipo mediocre come tanti, dalla vita tranquilla; ma la sua proclamazione a reginetta di beltà in un gioco estivo di piazza, smuove in lui immotivate paure e supposizioni di corna, che lo faranno reagire con quella violenza preventiva che scatena i drammi familiari tanto diffusi ancor’oggi sull’italico suolo.
Scenate e botte da orbi metteranno in fuga la giovane moglie e i figli, che diverranno ostaggi del conflitto familiare e vittime di un mal’interpretato amore parentale, così efficace nel minare l’innocenza e la serenità che l’infanzia meriterebbe di avere assicurati.
N’esce malmesso il figlio maschio, erede della mentalità paterna, vittima dei propri pregiudizi che lo tengono incarcerato in un compiaciuto autolesionismo, che fa d’annuncio a tragiche soluzioni.
La bellezza che dovrebbe rappresentare una fortuna almeno per chi l’ha in dote, nel film sembra essere la causa dell’infelicità di tutti, forse perché s’accompagna alla bellezza “dentro”, un’arma non certificata, da cui i più non sanno come “difendersi”.
Nemmeno il tempo, che tutto risana, in questo caso si dimostra galantuomo.
Dopo drammi infiniti, sacrifici, delusioni, solitudine e malattia, la pora-donna con cosa si riscatterà?
Con la morte (ovvìììa!), che tutto trasfigura, santifica e sterilizza, anche le coscienze più ipocrite e guaste!
Se un funerale può trasformarsi in festa e tutto finisce a tarallucci e vino, non sarà per caso la morte la prima cosa bella che possa capitare dopo la nascita? Virzì non ce lo dice espressamente, ma chi ha orecchi per intendere, intenda, e intanto: canta che ti passa!
Il film è sorretto da una Stefania Sandrelli strepitosa, finalmente convinta del proprio ruolo e non preoccupata di dover nascondere rughe o cuscinetti; e dai due piccoli attori che, magnifici interpreti nei panni dei bambini contesi e sballottati, si muovono nella storiaccia con consumata scioltezza.
Azzeccato anche Mastandrea, nella parte del figlio ferito nei sentimenti e rinserrato nel suo vittimismo distruttivo.
Un risultato non perfetto a mio avviso, a causa della regia impostata un “tantino” sopra le righe, quasi esondante a tratti nella parodia, per quella carenza di giusta misura che ha contagiato lo stile del cinema italiano, quasi che l’esagerazione possa fare da garanzia affinché il messaggio arrivi alle teste dure e ai cuori chiusi degli spettatori, ma, tutto considerato, un buon lavoro, maturo e pieno di giuste intenzioni.
E' la prima cosa bella, e spicca alla grande su molti altri film italiani visti nella passata stagione, di cui non si è ritenuto necessario parlare.
Voto 7,5
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