Qui non mi trovate,
io qui non ci sono.
Sto nella stanza accanto
dove non c'è nessuno.

12.11.10

KKK





da PauL KleE
e
frieDricH  NieTzscHe

(elaborazione mca)
 
*

4 commenti:

  1. È possibile esporre la poesia in un museo?
    È possibile rappresentare la poesia?
    Questo mi sono chiesto dopo aver visitato la mostra "Dadaismo e Surrealismo" qualche tempo fa.
    Due correnti di pensiero che, come sottolineava il curatore, sono nate dall'iniziativa di poeti e letterati, contrariamente ai movimenti dell'avanguardia storica legati strettamente all'opera di pittori e artisti. Eppure tra l'imponente galleria di opere magnifiche, tragicamente male allestite e soffocate dentro uno spazio del tutto inadeguato, niente o quasi ricordava i versi di Bréton, Eluard, Aragon ...

    Questo tuo collage sembra dirmi che ti sei posta le mie stesse domande.

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  2. può darsi che me le sia poste queste domande e le risposte restino a fluttuare dentro di me e poi escano senza che me ne renda nemmeno conto.
    il guaio è che si avverte poco l'anima nelle cose così come vengono fatte oggi.
    un piccolo niente ideato col cuore può dire di più di un grande lavoro concepito a freddo stando seduti a tavolino.

    e...sei già stato a vedere Van Gogh? se sì, che ci dici di bello?

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  3. Il vittoriano è sicuramente il posto peggiore di Roma per accogliere le esposizioni. Del resto, Van Gogh è senz'altro un genio. Finirò per andarci, borbottando per la fila, l'allestimento inadeguato, l'illuminazione pessima e quant'altro, e consolandomi poi sulle pagine del catalogo, testimonianza da sfogliare con calma.

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  4. presumo che il Vittoriano abbia problematiche analoghe a Palazzo Reale di Milano, che di reale mantiene solo l’appellativo, anche se è preposto ad accogliere le più importanti mostre di pittura.
    immergersi nell’opera con tutti e cinque i sensi, senza curarsi d’altro, né farsi distrarre da considerazioni che legittimamente possono sorgere riguardo l'inadeguatezza dell'allestimnto: è questo che bisognerebbe riuscire a fare, optando possibilmente anche per un orario in cui tutti siano affaccendati in qualcos’altro.
    a Milano l’ideale è sempre l’ora di pranzo dei giorni feriali.
    alla mostra di Hopper nessuno ha badato a me quando m’è venuto da piangere, ferma davanti ai quadri, in macro osservazione della firma dell’autore.
    le firme hanno su di me un effetto esaltante.
    hanno il potere di destarmi da un'impressione di sogno e riportarmi alla realtà: “allora, mi dico, è proprio vero: Monet, Picasso, Dalì, Schiele, Kandinsky sono esistiti veramente, non solo sui libri e io adesso sono qui vicinissima, sto contemplando qualcosa che le loro mani sacre hanno toccato, che i loro occhi sapienti hanno guardato…” e mi prende un’emozione irrefrenabile, una sensazione fantastica da provare ma che, in presenza di altre persone, mi obbligherei a reprimere.
    Ho visto già quadri di Van Gogh, anni fa ad Amsterdam e al Victoria and Albert di Londra, molti anche al Quai d’Orsay, ma altre passioni mi distraevano allora, e non ricordo davanti a un quadro di essermi commossa fino ad arrivare alle lacrime.
    oggi?…chissà! ma tanto Roma è la città delle fontane e nessuno ci farebbe caso, ha ha ha.
    ad ogni modo il catalogo io l’ho già ordinato a Skirà: on-line è in offerta con sconto 30, un vero affare!

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