nOMa bAr |
L e p a r o l e n o n s o n o l e t t e r e m e s s e i n f i l a
nOMa bAr |
Le parole che usiamo sono l’identikit del nostro cervello dichiarano quello che siamo la dicono lunga su di noi |
ABOUT THEM
Chi ama il cabaret perchè non se ne va a fare cabaret, invece di rivestire alte cariche per poter dare spettacolo?
O trattenere inopportunamente un pubblico, che non ha nemmeno acquistato il biglietto, ad ascoltare le sue cacchiate?
ABOUT US
Image by Christian Montenegro |
E se poi anche quelli come noi, che vogliono fare gli impegnati, smettessero di trattare le faccende gravi con la solita ironia*?
Le cose serie buttate in satira** sono come la paglia: se ne volano via al primo venticello.
Il nostro penchant verso la burla ha fatto di noi un popolo da operetta (kitsch).
Ci piace ridere ma in realtà facciamo ridere gli altri.
Ha peso parlare di ciò che importa - di ciò che conta per davvero - solo se fatto in modo serio e con la giusta gravità.
Il resto è solo cialtroneria e sciatteria culturale.
Combattiamole.
Il tempo è poco e l’acqua si sta alzando.
*(dal greco antico εἰρωνεία; eironeía, ovvero: ipocrisia, falsità o finta ignoranza)
**La satira, storicamente e culturalmente, risponde ad un'esigenza dello spirito umano: l'oscillazione fra sacro e profano. La satira si occupa da sempre di temi rilevanti, principalmente la politica, la religione, il sesso e la morte, e su questi propone punti di vista alternativi, e attraverso la risata veicola delle piccole verità, semina dubbi, smaschera ipocrisie, attacca i pregiudizi e mette in discussione le convinzioni.
Invoca e ottiene generalmente la condivisione generale, facendo appello alle inclinazioni popolari; anche per questo spesso ne sono oggetto privilegiato personaggi della vita pubblica che occupano posizioni di potere.
Queste stesse caratteristiche sono state sottolineate dalla Corte di Cassazione che si è sentita in dovere di dare una definizione giuridica di cosa debba intendersi per satira:
« È quella manifestazione di pensiero talora di altissimo livello che nei tempi si è addossata il compito di castigare ridendo mores, ovvero di additare alla pubblica opinione aspetti criticabili o esecrabili di persone, al fine di ottenere, mediante il riso suscitato, un esito finale di carattere etico, correttivo cioè verso il bene. »
Sì, ma questo valeva quando esisteva ancora il senso della vergogna.
Oggi la satira è diventata un'onorificenza: "parlate pure male di me, purchè ne parliate!"
(Wikipedia)
Roberto Agostini - il naufragio delle coscienze (tutti dir. riservati - mca ringrazia) |
LETTERE APERTE
*Anonimo ha detto...
Cara mca, dici parole sante, e, come te, le dicono in molti, forse almeno metà di questo popolo smarrito. Ma è, appunto, smarrito, perchè non sa chi affidare la guida della riscossa alla serietà, all'impegno, alla partecipazione civile della res pubblica.
Ognuno va per proprio conto e la somma d'infinite debolezze è una grande debolezza.
Così il tempo passa e l'acqua sale.
Tua Irrisolta Brambilla
11 aprile, 2011
*maria cristina aschieri ha detto...
Cara Irrisolta,
la gente si preoccupa tanto dei problemi ma per lo più non se ne occupa. Vede benissimo quando le cose non vanno ma, per una sorta di fatalismo rassegnato, ossequiosa al dettato religioso che quanto più si soffre in questa vita tanto più si sarà felici nella prossima – oppure, diciamolo, per semplice inerzia mentale -, lascia correre fintanto che non resta travolta dalla valanga. Poi si strappa le vesti disperata. Non aspettiamoci che la soluzione arrivi dall'alto, perché lassù sappiamo, non c’è nessuna convenienza a cambiare le cose.
Mettiamoci invece in testa che non siamo solamente vittime, siamo più che altro rincoglioniti da tutto l’oppio che ci viene propinato sotto forma di televisione, massificazione del gusto e dei bisogni, grandissimo egoismo e minimo impegno.
Invece di aspettare che sia sempre qualcun altro a prendere l’iniziativa per il giro di boa, riappropriamoci della nostra sovranità civile. La vera rivoluzione non si fa più con le bombe e le barricate. Oggi si deve puntare sull’arma dell’intelligenza e della cultura. La politica teme il talento come il diavolo, perché talento coincide con libertà e ribellione. Convinciamoci che ogni singola voce, anche da sola, ha il suo peso, che ciascuno di noi ha il suo potere personale da esercitare e far valere, che, unito a quello di tutti gli altri, diventa un grande potere, ce lo insegna la storia.
Quando le cose non ci stanno bene, dobbiamo dichiararle in modo fermo e assertivo senza tanti panegirici, facendoci sentire da tutti: il lamento è sterile e la blague utile solo ad esorcizzare le proprie paure, non certo ad impressionare il nemico che ormai ha la faccia peggio del culo.
Scusa la parolaccia, indispensabile per chiarire il concetto… Ciao e grazie del tuo commento. mca
12 aprile, 2011
*
Cara mca, dici parole sante, e, come te, le dicono in molti, forse almeno metà di questo popolo smarrito. Ma è, appunto, smarrito, perchè non sa chi affidare la guida della riscossa alla serietà, all'impegno, alla partecipazione civile della res pubblica.
RispondiEliminaOgnuno va per proprio conto e la somma d'infinite debolezze è una grande debolezza.
Così il tempo passa e l'acqua sale.
Tua Irrisolta Brambilla
Cara Irrisolta,
RispondiEliminala gente si preoccupa tanto dei problemi ma per lo più non se ne occupa. Vede benissimo quando le cose non vanno ma, per una sorta di fatalismo rassegnato, ossequiosa al dettato religioso che quanto più si soffre in questa vita tanto più si sarà felici nella prossima – oppure, diciamolo, per semplice inerzia mentale -, lascia correre fintanto che non resta travolta dalla valanga. Poi si strappa le vesti disperata. Non aspettiamoci che la soluzione arrivi dall'alto, perché lassù sappiamo, non c’è nessuna convenienza a cambiare le cose.
Mettiamoci invece in testa che non siamo solamente vittime, siamo più che altro rincoglioniti da tutto l’oppio che ci viene propinato sotto forma di televisione, massificazione del gusto e dei bisogni, grandissimo egoismo e minimo impegno.
Invece di aspettare che sia sempre qualcun altro a prendere l’iniziativa per il giro di boa, riappropriamoci della nostra sovranità civile. La vera rivoluzione non si fa più con le bombe e le barricate. Oggi si deve puntare sull’arma dell’intelligenza e della cultura. La politica teme il talento come il diavolo, perché talento coincide con libertà e ribellione. Convinciamoci che ogni singola voce, anche da sola, ha il suo peso, che ciascuno di noi ha il suo potere personale da esercitare e far valere, che, unito a quello di tutti gli altri, diventa un grande potere, ce lo insegna la storia.
Quando le cose non ci stanno bene, dobbiamo dichiararle in modo fermo e assertivo senza tanti panegirici, facendoci sentire da tutti: il lamento è sterile e la blague utile solo ad esorcizzare le proprie paure, non certo ad impressionare il nemico che ormai ha la faccia peggio del culo.
Scusa la parolaccia, indispensabile per chiarire il concetto…
Ciao e grazie del tuo commento. mca