Qui non mi trovate,
io qui non ci sono.
Sto nella stanza accanto
dove non c'è nessuno.

22.8.10

SENZA PAROLE

L'estinzione ci sarà, prevista e immodificabile.  
  
*
     Ecco la sentenza formulata nel saggio "Il prezzo del linguaggio. Evoluzione ed estinzione nelle scienze cognitive".
Autori: Antonino Pennisi e Alessandra Falzone




      La specie umana gode di un'ineguagliata capacità di adattamento all'ambiente ed esercita su di esso un controllo pressochè totale.
     Ogni specie si differenzia e si evolve in una specie diversa al mutare dell'ambiente.
     Questa dovrebbe essere la legge. Invece homo sapiens, a causa della tecnologia e dell'acquisizione del linguaggio, è stato capace di adattarsi e diffondersi su tutta la terra senza mai sentire il bisogno di differenziarsi.
     Questo processo ha impedito qualsiasi fenomeno evolutivo, costituendo un'anomalia ecologica che Konrad Lorenz definì " circuito a retroazione positiva" e che si palesa in un evento evolutivo caratterizzato da un rapidissimo incremento e da un altrettanto rapido esaurimento.
     L'homo sapiens ha difatti una storia evolutiva tanto breve ( solo 200 mila anni) quanto intensa. L'intensità del suo processo adattativo, che negli ultimi 10.000 anni lo ha visto passare  dalla lavorazione della pietra al computer, rappresenta l'altra faccia della sua corsa velocissima verso l'estinzione.
     Esistono altre specie di primati che per milioni di anni non hanno prodotto alcuna modifica sensazionale o alcuna speciazione e la cui vita evolutivamente è più lunga della nostra. Invece con il sapiens l'evoluzione presto si fermerà per sempre. Siamo l'ultimo anello di una catena brevissima.
Per usare una metafora di Darwin, la nostra storia evolutiva somiglia al braccio di un corallo grosso e corto che, malgrado la sua possanza, non genererà altro da sè.
     Armando Massarenti ci presenta il saggio degli autori Pennisi e Falzone, edito da  Il Mulino, invitandoci a leggere il libro come fosse una meravigliosa fantasticheria alla Borges oppure a cominciare a preoccuparci un po' di più, senza arrivare ad essere apocalittici, degli effetti che l'attività umana produce sul pianeta e a pensare se non sia il caso di correre ai ripari politicamente e tecnologicamente.
     Tuttavia, avvertono inesorabili gli autori, in una prospettiva strettamente naturalistica, l'estinzione è già insita nella storia naturale del genere umano, all'interno della quale è contenuta la sua storia culturale,  di cui il linguaggio è il perno fondamentale.
     Dobbiamo ammettere con umiltà che la storia naturale non doveva necessariamente portare alla nostra presenza e che essa si rivelerà alla fine solo come un fugace intervallo di consapevolezza, linguisticamente mediata, tra un prima e un poi, sterminatamente lunghi, trascorsi senza parole.

HOMO SAPIENS
fonte:
Armando Massarenti
Sole24Ore


4 commenti:

  1. Da profano credo che sarà proprio la fiducia dell'uomo nei propri mezzi, o meglio la presunzione di saper far fronte a qualsiasi emergenza, a condurci verso una "meritata" estinzione.
    Temo però che nel nostro delirio di onnipotenza trascineremo con noi tutto il pianeta.
    (Ovviamente, per capirne di più leggerò questo volume)

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  2. ciao luca
    io non l'ho letto per cui sappimi dire...

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  3. Certo questo libro sembra porre un problema interessante: la cultura è un fattore negativo di sopravvivenza!Cavolo! non mandiamo più i nostri figli a scuola!
    Però forse qualche speranza c'è. In realtà non è che che gli esseri viventi si adattino gradualmente alle mutevoli condizioni ambientali. Capita invece che fra i numerosi "errori" che affligono la trasmissione del DNA dei genitori, ci sia quel errore che in realtà, del tutto casualmente, crea un individuo più adatto al nuovo ambiente. Lui sopravviverà meglio degli altri. E così via. Quindi non possiamo sapere se un futuro "errore" creerà individui con diverso "linguaggio", tecnologico e culturale, che trionfi sul nuovo ambiente ostile alle generazioni precedenti. Magari tornando all'uomo delle caverne!! Ciao, Fabricio

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  4. mca@Fabricio
    io non penso che l'uomo ritornerà mai alle caverne, ha fatto troppa strada da allora.
    può darsi che si debba rinchiudere in bunker sotterranei o scafandri ermetici per difendersi dai pericoli da lui stesso generati e sia obbligato ad adattarsi a forme di vita ridotte a pura sopravvivenza, in attesa che arrivino tempi migliori.
    chissà forse nel frattempo si ricoprirà di scaglie o gli spunterà il terzo occhio...
    ciao

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