Qui non mi trovate,
io qui non ci sono.
Sto nella stanza accanto
dove non c'è nessuno.

6.11.11

TAMARA E GABRIELE

Tamara De Lempicka - La Camicia Rosa
olio su tavola - 1927
(collezione privata)


Il nudo nell’arte era stato considerato fino alla metà dell’Ottocento decoroso soltanto se nobilitato da riferimenti storici, mitologici, o religiosi. Già Platone, nel suo Simposio, aveva spiegato che esistono due tipi di venere: quella divina e quella volgare. Renoir aveva ribadito il concetto in modo più schietto: “ la donna nuda sorge dal mare o dal letto”. In sintesi se non era santa era puttana.
La bellezza che impose Tamara nei suoi nudi era invece rassicurante per la società dell’epoca, dagli albori del fascismo fino al dopoguerra.
Allineata al modello della diva o della pin-up promosso da Hollywood, era il tipo di donna che usciva dalle pagine patinate dalla rivista Vogue, additata come prototipo del fascino dalle grandi industrie cosmetiche come Elisabeth Arden e Helena Rubinstein, un simbolo di successo che le donne si sforzavano d’imitare.
I ritratti di Tamara de Lempicka emanano un fascino particolare perché avvolti nella luce del desiderio: le sue modelle sembrano godere e compiacersi nel ricordo del piacere assaporato. 
Scarna la biografia di Tamara: nata a Varsavia sul finire dell’Ottocento, fu attiva dapprima in Francia, dove studiò arte negli anni ‘20, e in seguito negli Stati Uniti dove tenne numerose esposizioni che la resero ricca e famosa. La sua formazione artistica prese ispirazione dall’Art Déco e dal Futurismo.
Sue caratteristiche personali furono fascino, eccentricità e ambivalenza, che si ritrovano ampiamente riflesse nelle sue opere. Sposata due volte, le cronache dell’epoca la ricordano soprattutto per la tormentata liaison con il poeta Gabriele d’Annunzio a quei tempi celebrato in tutta Europa come romanziere, drammaturgo e soprattutto dongiovanni.








Mademoiselle Poum Rachou - 1933

Scarna la biografia di Tamara: nata a Varsavia sul finire dell’Ottocento, fu attiva dapprima in Francia, dove studiò arte negli anni ‘20, e in seguito negli Stati Uniti dove tenne numerose esposizioni che la resero ricca e famosa. La sua formazione artistica prese ispirazione dall’Art Déco e dal Futurismo.
Sue caratteristiche personali furono fascino, eccentricità e ambivalenza, che si ritrovano ampiamente riflesse nelle sue opere. Sposata due volte, le cronache dell’epoca la ricordano soprattutto per la tormentata liaison con il poeta Gabriele d’Annunzio a quei tempi celebrato in tutta Europa come romanziere, drammaturgo e soprattutto dongiovanni.


Per Tamara può significare l'inizio del successo e il passaggio dalla bohème alla dolce vita. Se però D'Annunzio mira ad aggiungere questa creatura straordinariamente smart alla sua collezione di amanti, Tamara, da parte sua, fiuta subito una ghiotta occasione per farsi pubblicità. L'intera operazione fu condotta da lei con grande cinismo. Ansiosa di affermarsi nel suo successo d'artista e ossessionata dal ricordo della povertà, si era posta l'obiettivo di riuscire a fare un ritratto all'uomo dall'eccentrica personalità che stava influenzando un'intera epoca e che una larga cerchia di frequentazioni altolocate ammirava e celebrava.
Un ritratto di D'Annunzio eseguito dalla Lempicka avrebbe fatto notizia, richiamato l'attenzione e messo in ombra la sua rivale Romaine Brooks, che già con D'Annunzio aveva avuto una relazione ambigua.
Tamara aveva capito perfettamente le intenzioni del poeta, sapeva come erano fatti gli uomini e lei ci si era abituata, fondendo arte e sensualità.  D'Annunzio era ormai un anziano signore non più molto attraente, ma aveva un carattere molto forte ed era dotato di fascino non comune che Tamara voleva esplorare e catturare sulla tela.

Foto autografa con dedica a Tamara
A quei tempi il suo successo era ancora più di natura sociale che artistica ed essendone consapevole voleva fargli credere di poter rivolgergli le sue attenzioni e sfruttare l'infatuazione del poeta per dare una spinta alla propria arte.
Alla fine degli anni '70, quando furono ritrovati i diari della governante di D'Annunzio, che era stata anche sua amante, con i dettagli di quella storia per certi versi quasi grottesca dati in pasto al pubblico, Tamara ne fu contrariata e protestò energicamente perché il suo nome era stato accostato a quello di una serva, lamentando anche l'oltraggio inferto al grande poeta italiano, che però lei stessa aveva un tempo definito come "un vecchio nano in uniforme". Protestò anche contro un libro pubblicato dall'editore Ricci che, con la pretesa di discutere d'arte, traboccava di pettegolezzi sulla sua vita intima. Nonostante le sue vivaci proteste, il libro conobbe un grande successo in tutta Europa, risvegliando il generale interesse verso le sue opere e le quotazioni dei suoi quadri schizzarono alle stelle.


La parte del diario intitolata " Tamara al Vittoriale" risulta oggi abbastanza innocua.
Il Vittoriale, com'è noto, era una proprietà sulle sponde del lago di Garda che D'Annunzio, seguendo la sua non comune fantasia, aveva trasformato in un castello da favola, una sorta di scenografia hollywoodiana.
A giudicare dalle lettere che i due si scambiarono, fu Tamara che gli propose di incontrarlo, lo si deduce dal tono delle sue prime lettere, scritte in un francese non sempre impeccabile:
Venerdì.
Caro maestro e amico (come spero e desidero) eccomi a Firenze!!! Perché proprio Firenze? Per lavorare e purificarmi a contatto della vostra arte sublime...
Quanto mi rattrista non essere in grado di esprimere le mie idee. Avrei tanto voluto poter parlare con voi, confidarvi i miei pensieri, perché credo che voi capireste tutto...
Per Natale rientro a Parigi poi passo per Milano, dove conto trattenermi due giorni. Volete che passi anche da voi (in senso buono, s'intende). Io ne sarei felice, e voi? V’invio, caro fratello, tutti i miei pensieri, quelli buoni e quelli cattivi, quelli lascivi e quelli che mi fanno soffrire.
Tamara de Lempicka
E questo stile galante e affettato non si esaurirà con il primo scambio epistolare:
Domenica.
Grazie, vengo! Sono così felice, ma anche intimidita.
Come siete? Chi siete? E io, chissà se vi piacerò, così, una studentella, senza il mio guardaroba parigino, i miei cosmetici....ecc. ecc.
Il fratello D'Annunzio intanto non perde tempo e tende la sua trappola: l'unico punto delle lettere che lo interessa veramente riguarda la lascivia a cui Tamara allude.
Tuttavia D'Annunzio è cinico e scaltrito,  non si lascia ingannare facilmente.
Venite al Vittoriale, le scrive, troverete qui riunite le Muse dell'Arte, della Musica e della Letteratura.

 
Scrive questo mentre la Principessa del Piemonte, un'altra delle sue amanti, è appena partita lasciando il letto ancora tiepido.
E' comunque intenzionato a essere molto discreto anzichè impetuoso come al solito e di volerla trattare come una vera signora.
Chi non si fa nessuna illusione è il primo marito della Lempicka, Tadeusz che sa che gli uomini da lei ritratti sono stati anche suoi amanti e l'accusa di umiliarlo agli occhi del mondo intero con quei ritratti incriminati. Tadeusz seguirà da lontano l'evolversi della relazione con D'Annunzio, inviando ogni due giorni un telegramma alla moglie, intimandole di ritornare o almeno di scrivergli.
Nel frattempo il Vittoriale è in subbuglio per l'arrivo della bella polacca. L'anziano poeta è circondato da un vero e proprio harem - ospiti di passaggio, la sua concubina, la sorella di lei, la governante del famoso diario e uno stuolo di prostitute (non si chiamavano ancora escort) - che si preoccupa di organizzare per lui ogni sorta di piaceri, compresa la dose quotidiana di cocaina.
D'Annunzio il cui principio era do ut des, ha deciso di fare le cose in grande e all'arrivo di Tamara fa sparare un paio di cannonate a salve dall'incrociatore Puglia che si trova alla fonda davanti al parco della villa. Insieme ad ogni sparo risuona un sonoro "Alla Polonia! " " Alla vostra Arte!" " Alla vostra bellezza!".
Ma i suoi auguri non servono a molto: Tamara non è affatto disposta a farsi conquistare per così poco.
Lei che ha già avuto così tanti amanti, uomini e donne, decide di fare la preziosa... 
D'Annunzio dal canto suo è poco avvezzo a incontrare una qualche resistenza, la giudica capricciosa e non tarda a volersene sbarazzare. O almeno così fa credere alla governante che scrive sul diario: La Polacca non la può vedere e non aspetta altro che se ne vada. E' una smorfiosa, spera di fargli perdere la testa (povera illusa!). Una volta gli ha detto di temere di rimanere incinta perché ha solo ventisette anni - così dice - in realtà ne dimostra trentacinque. Una volta gli ha detto che per paura della sifilide non si è mai lasciata andare ad avventure sentimentali. "Vedete, ho un marito giovane e preferirei evitargli un regalo del genere." Voi avete così tante donne perciò mi chiedo se potrei fidarmi".
Come si vede Tamara se non altro sa fare buon uso della litote, ma D'Annunzio non crede alle proprie orecchie: una donna che osa parlargli in quel modo!
La governante ci va giù dura nel parlare col maestro: "Cose del genere le può pensare solo una prostituta! Del resto accetta i vostri omaggi fin troppo di buon grado: in due giorni le avete dato più di venticinquemila lire!" Avreste fatto meglio a donarle ai poveri."
La leziosità porta i suoi frutti e il fratello scalpita. Tamara capisce che è anche venuto il momento di concedere qualcosa,  si lascia baciare la nuca e il collo e poi  si spoglia per farsi accarezzare tutta, ma quando lui tenta un approccio più stretto, lei gli mette altri paletti, imponendogli di fare ciò che crede rimanendo vestito.
Il fatto che qualcuno tenti di resistergli non lascia indifferente il maestro che sa come vendicarsi con le parole . " Voi non siete una signora, siete solo una sgualdrina. Ma una sgualdrina di classe, lo ammetto. Solo la cortesia mi impedisce di farvi mettere alla porta dall'ultima delle mie serve. Ma resterò un signore fino alla fine. Lo faccio per vostro marito, che d'altra parte posso solo compatire per aver avuto in sorte una donna come voi."
Sempre sul diario si può leggere che il poeta cenò quella sera con Tamara per poi lasciarla sola molto presto e passare la notte con una giovane amica. Il loro rapporto continua a limitarsi al petting spinto  ma senza avere mai da lei il consenso a penetrarla.
La commedia giunge al suo apice con una lettera dal tono mellifluo con cui Tamara gli fa sapere che lo sta aspettando. D'Annunzio va da lei convinto che questa volta avrebbe ceduto, portando con sé persino la valigetta dell'amore, con tutti gli "accessori".
Sempre secondo il diario la trova più lucida che mai ma contraria a sniffare cocaina per paura di ricadere nel vizio che già l'aveva tormentata anni prima. Lui allora si toglie il pigiama per cercare di sedurla con la prestanza del suo fisico atletico, ma lei distoglie lo sguardo e dicendogli che detesta la pornografia.
A questo punto Gabriele le domanda una volta per tutte che cosa vuole da lui e Tamara inizia a parlargli del ritratto e dei prezzi che lei chiede. Lui risponde che non si permetta di parlare in questo modo a Gabriele D'Annunzio e le dà l'addio.
I protagonisti sono senz'altro uno più irriducibile dell'altro, ma pur sempre troppo civili e intelligenti per far scadere la commedia in un dramma e il duello terminò quindi senza vincitori nè vinti .
Tamara pensava al quadro che non avrebbe mai dipinto, mentre il maestro sarebbe rimasto schiavo infelice della sua voluttà insoddisfatta, solo in mezzo al suo harem.
Tuttavia non manca un finale degno di predatori del loro rango.
Nel diario si racconta ancora che qualche giorno più tardi Tamara, che nel frattempo si era trasferita a Gardone da alcuni amici, si vide recapitare uno scrigno con un rotolo di pergamena contenente una poesia che D'Annunzio le dedicava mentre nel portagioie c'era un anello d'argento massiccio, sormontato da un gigantesco topazio, che scivolò perfettamente lungo il dito della sua mano sinistra.
Nell'ultimo scambio epistolare il poeta la saluta con queste parole: "Ho trascorso notti di grande tristezza, grazie!" a cui lei rispose: "Ho trascorso ore di grande tormento, grazie!"



fonte:
Avventure sentimentali:
la giovane e bella
e il nano brutto e vecchio
Gilles Néret

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