Qui non mi trovate,
io qui non ci sono.
Sto nella stanza accanto
dove non c'è nessuno.

10.3.10


Robinson Crusoe mass-mediatico (peccato), ma innanzi tutto scrittore prolifico, traduttore poliglotta, intrattenitore carismatico e spregiudicato, in eterno conflitto fra sacro e profano.
Lo si ama se non lo si odia.
Non si può comunque non rimanere affascinati dalla vastità del suo sapere e ammirati dalla sua indipendenza di giudizio, dal suo umorismo caustico e teatrale.
Indisciplinato, anticlassista e ostile ad ogni forma di perbenismo ipocrita, coerente fino all'autodistruttività, svetta intellettualmente su qualsiasi interlocutore. Impossibile prenderlo in contropiede.
Unico difetto: una patologica immodestia.
Ma del resto, come disse nientemeno che Goethe, - solo i poveracci sono modesti.-
Signori, ecco a noi Aldo Busi.
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***
Eccomi qui a Milano, di nuovo, in cerca di un po’ di fortuna come tanti altri sventati come me. Come se non mi fosse bastata la lezione precedente. Ma sarà per poco: se devo fare i pidocchi, tanto vale che siano pidocchi parigini.
Lavoro all’esclusivissimo Bar Pinguino di via Verri, faccio il barista, o meglio, vado in giro per i negozi e gli istituti di bellezza reggendo in mezzo al traffico vassoi sormontati da gelati con l’ombrellino di carta e martini con dentro la ciliegia candita.
Ho trovato un alloggio proprio a due passi, in via Bigli, in una soffitta, traballante proprietà di un sarto; una branda c’era già, e, un po’ qui e un po’ là, sono riuscito a mettere assieme un letto. Centinaia di scarafaggi in giro
- non aspettano nemmeno il buio - non li schiaccio neppure. Sono talmente numerosi che si schiacciano l’un l’altro, immagino. Adesso ce n’è uno che fa capolino da questo foglio, chissà cosa sta cercando di dirmi.
Ho le gambe che non mi reggono a forza di fare scale e chilometri su e giù per via Montenapoleone. Proibito usare gli ascensori! Questi gioiellieri e questi bancari e questi parrucchieri di merda. Mettilo lì, mi dicono sempre indicando spazientiti un qualche ripiano, dandomi del tu, facendomi sentire al livello di una cicca di sigaretta che non schiacciano con il tacco solo perché è troppo alta per le loro gambe. E l’italiano affettato e sgrammaticato di questi arricchiti! "Vadi qui, vadi là signora contessa, colpo di soleeee signora contessaaaa?" dice quello stronzo di un Bergottini che, tutte le volte che appoggio un bicchiere sulla mensola dei bigodini, mi fa addirittura "sciò", non solo con la mano, ma ad alta voce. In effetti credo di stare sui coglioni a tutti questi arricchiti, per le mie maniere disinvolte e molto gentili da povero
grandioso. Non dico mai nulla, ma quando mi pungono, trovo sempre il pretesto per lasciarmi dietro una frase, il cui costrutto e le cui sfumature sono di così vasta portata, che loro devono sentirsi presi in giro dalla proprietà del mio parco linguaggio. E loro rispondono con la violenza e lo scherno di classe, ma si sente che già da prima hanno in qualche modo gettato la spugna e che, se potessero, mi prenderebbero a calci. Non faccio in tempo a richiudermi la porta alle spalle che sento sempre strisciarmi dietro:
“ ….ertinenteee!"
Per fortuna non sono tutti così, altrimenti, a forza di reclami, avrei già perso il posto; – però non ci sono state lamentele vere e proprie. Neppure i due fratelli doppiopetto qui, che gestiscono il bar con il padre giacca-e-cravatta, sanno a che specchi attaccarsi: c’è un malcontento vago nei miei confronti che viene dal di fuori, però so dal mio collega che, da quando lavoro io in strada, come dice lui, ho raddoppiato i servizi e quindi le entrate, e i due fratelli dicono sempre: "ma lei cosa ci fa ai clienti?" E si sa subito quello che intendono dire... Siccome io non faccio niente di speciale, oltre al fatto di convogliare occultamente in quelle teste di segatura coi lustrini la nozione che anche un cameriere, contrariamente a tutte le credenze, è un maratoneta pensante, faccio spallucce e dico: "Non capisco "e loro non osano andare avanti perché io mi sono già slanciato fuori con un altro vassoio.
Quando non ci sono servizi esterni resto dietro al banco o servo nella saletta. Talvolta devo combattere contro paia di occhi grinzosi che mi fissano sfacciatamente e non mi lasciano lavorare in tranquillità. Te li senti addosso come anguille viscide a contatto con la pelle. Non c’è la minima discrezione nella gente abituata solo a ordinare - ti fissa come a voler impossessarsi della tua vista, ti succhia: succhia i riccioli foltissimi, gli occhi piccoli e profondi, la bocca carnosa, il colorito della pelle. Specialmente se è gente anziana. C’è una gran dama che viene accompagnata da un adolescente in kepi e livrea e mi contempla e sorseggia la sua spremuta di pompelmo e gin riuscendo a trasformare i cinque minuti di rito in cinque giorni. E’ una stangona di una,
leggermente curvata in avanti, capelli stretti stretti sulla nuca, un seno enorme, che porta sempre vestiti sgargianti – fiorami, anatre, aeroplani.
E altri occhi a capocchia di spillo, che sembrano emettere umidità, che devono per forza sfumare la mia immagine dopo un po’ che l’hanno covata con insistenza. E lasciano tutti mance spropositate – praticamente un’altra paga. Meglio ancora se hai l’accortezza di chiamarli con un titolo, vero o fasullo che sia, è tutto un carosello di" Dottore! " e "Professore!" e "Avvocato!" da mattina a sera. Avranno anche i soldi, ma che vita deprimente devono fare se in fondo basta una ruffianaggine da cameriere per farli sentire importanti.
Eugenio Montale, che per la prima volta ho incontrato dal panettiere, mi ha fatto divertire un paio di sere fa: voglio dire che senza di lui non avrei toccato con mano la differenza, sempre così squisitamente letteraria, per un cameriere, fra essere tale e non essere niente. Bé siccome il senatore a vita è uno che, proprio perché continua a inciampare e arrestarsi, non smetterebbe mai di andare in giro, di punto in bianco, appena fuori dal panettiere, attacca discorso e dice che gli piacerebbe molto fare delle passeggiate con me, se sono disponibile. Devo dire che questo stravecchio vecchio a spasso mi è stato simpatico alla prima occhiata: sembra un pachiderma alcolizzato del tutto incapace di fare sia il male che il bene – una forma fisiologica gelatinosa compattata dal fatto di aver prodotto la poesia giusta al momento giusto e di essersela poi saputa amministrare per tutti gli altri decenni a venire. Bene, allora stabiliamo per domani alle tre, visto che dalle tre alle cinque ho libera uscita. E così andiamo avanti per una settimana, lui abbrancato al mio braccio; mi piace molto l’onestà con cui manifesta apertamente la sua dipendenza fisica; quando è riuscito a far spegnere anche il terzo cerino, la sigaretta gliela accendo io, e lui sempre con quei sorrisi da neonato estasiato, un po’ da allocco a dire la verità. Mai pagato un caffè. Comunque non è certo come tutti quelli che operano qui in giro, a lui del cameriere non interessa niente; anzi, mi ha consigliato un libro di Thomas Mann, il Felix Krull che mi ha divertito molto. Questo una settimana fa. Comunque gli telefono tutti i giorni, la sua governante risponde al telefono e lui sembra che abbia preso la rincorsa e dice tutto d’un fiato ma quasi cantando: come stai? Come se fosse un brano d’opera, gridandolo. Due giorni fa dunque mi dice se potevo accompagnarlo tardi in un posto, verso le nove, lì vicino, alla libreria Mondadori; dice: “Visto che ti piace leggere, ti faccio conoscere un po’ di scrittori” e via che si va.***
(Aldo Busi - Seminario sulla Gioventù - 1984)

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