Qui non mi trovate,
io qui non ci sono.
Sto nella stanza accanto
dove non c'è nessuno.

18.10.10



Manara




*

7 commenti:

  1. Festeggio da solo insieme a tutti quelli che senza aver scritto il vangelo si voltano al suono di queste due sillabe. Grazie di cuore.

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  2. Una mattina d’estate, appena sveglia, sentii i passi di mia nonna salire per le scale della nostra casa di vacanza sopra al lago di Como e percorrere il corridoio di mattoncini rossi fino alla mia camera. Lei andò subito a spalancare le persiane ed un sole abbagliante entrò ad accarezzare le lenzuola, sorridendomi.
    Mentre mi stropicciavo gli occhi seduta sul letto, mise davanti a me un vassoio con una candida tovaglietta ricamata, una tazza colma e un assortimento di biscottini per la colazione.
    Quello che mi colpì fu un piccolo vaso variopinto di ceramica da cui spuntava una rosa appena colta, dall’essenza e dalle sfumature cipriate. Lanciai uno sguardo stupito, che forse chiedeva una spiegazione, e lei mi disse: oggi è santa cristina, il tuo onomastico. Omonastico? Una parola mai sentita prima, chissà cosa voleva dire… O-no-ma-sti-co, scandì mia nonna, è il giorno in cui si festeggia il nome che ti è stato dato. Mi sentìì importante, come mai prima, perché in quel momento avevo capito che ero importante per lei.
    Fui felice, avevo cinque anni, era il 24 di luglio.
    Mia nonna era ebrea, non ci credeva ai santi, però si ricordava sempre degli onomastici di tutti.
    Io no, solo di qualcuno.

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  3. A proposito dell'importanza del nome mi piace aggiungere questo pensiero delicato che conservo nella scatola dei miei piccoli tesori:

    Le prénom est la clé de la personne.
    C'est le cliquetis délicat de la serrure quand on veut ouvrir la porte.
    C'est la musique métallique qui rend le don possible.
    (A.Nothomb)

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  4. cris @Luca
    grazie, Amélie è sempre sottile, a tratti anche un po' arcana.
    sarebbe bello, se ne hai voglia, che ci lasciassi un tuo commento personale, particolarmente riferito all'interpretazione che si può dare a "musica metallica che rende possibile il dono".

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  5. Credo che questo passaggio si trovi nel libro 'Journal d'hirondelle', ma non ne sono sicuro.
    Amelie Nothomb, pur essendo un fenomeno commerciale, una scrittrice di mestiere che mai ha lasciato la terra ferma della prosa per il mare aperto della poesia, manifesta un'attitudine poetica che insieme alla sua originalità la rendono particolarmente affascinante (almeno ai miei occhi).

    Di queste righe mi colpisce soprattutto la musicalità. Ci trovo una melodia nascosta, e forse il significato dimora proprio all'interno di questo canto. Pronunciare un nome, il nome della persona amata, può aprire le porte alla sinfonia di emozioni che ciascuno di noi racchiude e di cui sovente dimentica di far dono.

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  6. Ciao Luca, è proprio come dici tu.
    A volte siamo poco attenti: invece l’abitudine di pronunciare il nome di una persona - non soltanto per chiamarla - è generalmente un riguardo, un riconoscimento in più che fa bene a chi lo riceve.
    Esiste poi un suono più carezzevole e ossessionante del nome di chi si ama ? Io lo vorrei vedere scritto perfino in cielo...
    Pronunciarlo è un vero dono che si fa all’altro, è trasmettergli che è proprio su di lui che si sta concentrando il nostro intimo pensiero.
    Anche udire il suono del proprio nome dalle labbra di chi ci sta a cuore è benefico, riconciliante; può aumentare la nostra autostima e addolcisce le percezioni che abbiamo di noi stessi.
    Se andassimo con meno fretta, forse lo terremmo più presente… cris

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  7. Confesso che nella mia mente troppo riduttiva ho immaginato che il nome fosse la chiave per accedere al dono cioè per riceverlo. Stando il dono nella risposta emotiva di chi si sente chiamato. Ma sicuramente, come hai colto tu meglio di me, pronunciare il nome di una persona è già renderle un dono.

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