Qui non mi trovate,
io qui non ci sono.
Sto nella stanza accanto
dove non c'è nessuno.

17.4.11

POETRY

Regista: Lee Chang-dong
Non solo regista e insegnante di letteratura coreana (nel 1983 pubblicò un romanzo dal titolo Chonri ) ma anche Ministro della Cultura e del Turismo della Corea del Sud nel biennio 2003-2004. 
Ha trascinato il cinema coreano al successo in vari film-festival europei.

Non si può sentire un po' di soggezione nello scrivere di lui e dei suoi film che hanno, tutti e nessuno escluso, un effetto straniante sullo spettatore come sul critico, grazie al brillante accostamento di nobiltà di  puri sentimenti  a personaggi underground e realtà povere e emarginate.
Pellicole con un avvio a lenta carburazione, va detto, ma che scaldano e stimolano per il carisma delle loro ambientazioni con momenti di grande interesse e impatto psicologico contraddistinti da un profondo rammarico umano.

Protagonista:  Yu Junghee, il cui vero nome è Yoon Jeong-hee, quasi la sofialoren del panorama cinematografico coreano
Yu Junghee cominciò a recitare giovanissima, debuttando subito come protagonista in una pellicola drammatica di enorme successo. Amatissima dal pubblico fu la punta di diamante della casa di produzione Hapdong Film che, negli anni Sessanta, la inserì in quella triade di attrici chiamate con il soprannome “Troika” di cui facevano parte le sue rivali e colleghe Moon Hee e Nam Jeong-im. La concorrenza fra le tre sarà spietata, soprattutto per l'invidia suscitata dal fatto che fin da subito a lei fosse stata data l'occasione di comparire come primadonna in un film, mentre alle altre erano toccati anni di gavetta come comparse e interpretazioni di ruoli secondari. Va però detto che Yu Junghee (malgrado i quasi 330 film girati) abbandonerà per prima la lotta per il primato, per concentrarsi  sulla famiglia.
Nonostante ciò, per tutti gli anni Settanta e Ottanta, riescì ugualmente a mantenere un buon equilibrio fra il suo ruolo di moglie-madre e quello di interprete cinematografica di successo.
Sposata dal 1974 al celebre pianista classico Paik Kun-Woo , ha avuto da lui una figlia, e con essi vive a Parigi.

           
                                       Kun-Woo Paik Beethoven Piano Sonata No.17 3mov 
 

Come si fa a scrivere una poesia? Ecco la domanda ricorrente che pongono gli allievi di una scuola di scrittura.
La risposta è: la poesia non è qualcosa che si scrive sulla carta, è innanzitutto qualcosa scritto dentro di noi.
Il difficile non è scrivere - risponde il maestro - difficile è sentire”.

Vedersi in pace questo film del coreano Lee Chang-dong, uno dei più importanti registi e sceneggiatori del nuovo cinema asiatico, è come assumere un tranquillante di pronta efficacia.

Se siete un po’ stanchi, stressati dal lavoro, desiderosi di alternative alla bruttezza infinita, è il film giusto, ma attenzione, rischierete di addormentarvi vostro malgrado per l’efficacia rilassante della risposta, quasi il regista abbia inserito una sordina elegantissima, raccontando di fatti anche tragici, minimizzandoli con intenzione estetica, l'esatto contrario di quanto avviene generalmente nella cinematografia de’noaltri.

Il titolo comunque inganna: di poesia nemmeno una. Quindi, in caso la poesia non vi interessi, potrete guardarvelo ugualmente.
La poesia è infatti concentrata nel ritratto di Mija, una donna di semplice estrazione sociale, un po’ avanti negli anni, divisa fra uno stanchevole impiego di badante e un nipote adolescente da mantenere e tener d’occhio. Praticamente una nonna; che tuttavia non ha perso la sua femminilità, non ha rinunciato allo chic del vestiario e all’eleganza del pensiero, non è barricata in un suo mondo passsato, come è tendenza abituale degli anziani, ma incantata negli sguardi con cui abbraccia le cose e instancabile nell’indagare di esse. Una donna pericolosamente fragile - in una società in avanzato stato di occidentalizzazione - che per di più sta iniziando a segnalare imbarazzanti vuoti di memoria, la cui diagnosi appare inevitabilmente infausta: Alzheimer, malattia ormai largamente diffusa nella terza età di ogni ceto, sesso e latitudine. Per Mija, questi vuoti rappresentano una felice via di fuga da situazioni difficili, sono piccole pause di libertà da sé e di riposo dalle incalzanti preoccupazioni.

Il film è colmo di quelle disarmanti prerogative tipiche dell’indole asiatica, di cui noi Italiani abbiamo solo un’idea presunta e manchiamo di tenere di riserva per le occasioni che le richiederebbero, quali deferenza, mitezza, pazienza e accondiscendenza, peculiarità qui designate a replicare alla piattezza, alla volgarità e all’indifferenza che imperversano anche a est del mondo. Un miracoloso sopravvissuto di piccole virtù,   connaturate all’antica tradizione orientale, di cui si intuisce che si perderà ogni traccia nel prossimo passaggio generazionale.

Il film non è strepitoso, è molto grazioso, è poetico - appunto - alternativo, istruttivo; ci mette a contatto con quelle differenze culturali che è necessario conoscere per confrontarcisi, o sperimentare nuove vie salvifiche. Un elogio alla gentilezza, alla sensibilità e all’eleganza di pensiero che molte donne e anche molti uomini dovrebbero accogliere, per bilanciare l’empio concetto che della femminilità si sta formando nella coscienza collettiva del nuovo millennio.
Salviamo la donna! Uomini, registi, poeti, professori, giornalisti, critici d'arte aiutateci a farlo.  mca
Voto: alto



Cos'è questa?  Una mela...
Voi credete di averla vista migliaia di volte, centinaia di migliaia di volte.
Ma forse non l'avete mai vista per davvero.
Le cose che ci sono intorno, di solito non si guardano più.
Fermatevi ad osservarla. Attivate i vostri sensi.
Assaggiatela, odoratela, sperimentatene il contatto.
E così osservate il mondo, con attenzione e cura.
Questo è il modo per scrivere poesie: arrivare fin dentro l'anima delle cose.



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