Qui non mi trovate,
io qui non ci sono.
Sto nella stanza accanto
dove non c'è nessuno.

27.5.11

CINEAMOUR


Dimentichiamo per un attimo questa città imbufalita dal clima pre-elettorale insolitamente agguerrito per la posta in gioco che è altissima e parliamo di…di….di…..ehm non mi viene in mente niente.


Anch’io sto risentendo del clima teso che si respira e penso già alla mia prossima fuga in Sardegna, così vicina ormai che quasi stento a crederci. Ogni tanto corro  a guardare il biglietto e controllo che sia tutto corretto, porto d’imbarco, data, targa-auto, prenotazione cabina, ecc. per la paura che sia tutto solo un sogno.


Vabbè, visto che è da un po’ che non si parla di cinema, facciamo quattro chiacchiere sul festival di Cannes appena concluso. Non che pretenda di saperne più di voi. Non ho avuto tempo di approfondire e men che meno di assistere a qualche anteprima. I media come al solito hanno dato poco risalto alla manifestazione, quest’anno di livello notevole e quindi inadatto per il gossip salottiero che preferisce continuare a disquisire sui delitti irrisolti.


Comunque ciò che conta è che alla fine siano stati premiati i nostri beniamini: Brad Pitt e Sean Penn diretti dal grande maestro Terrence Malick in The tree of life, che s’è beccato la Palma d’oro; e il regista Lars Von Trier, (già autore di DogvilleDancing in the dark ) di cui in Heroic Roses si era parlato il 7 gennaio scorso e che era stato ufficialmente dichiarato “persona non grata” al festival di Cannes per le sue inopportune esternazioni riguardanti il fenomeno del nazismo, espresse con questa frase: “ I understand much about him [Hitler] and I sympathize with him a little bit."
Il regista è stato estromesso ma il suo film, Melancholia è rimasto in gara e si è meritato un premio per la migliore interpretazione femminile,  conquistato dalla bionda attrice Kirsten Dunst (nella foto sotto insieme al regista e all'altra protagonista del film Charlotte Gainsbourg).
 Il film chiaramente non avendolo visto non lo posso valutare, ma ho potuto invece vedere il filmato della conferenza stampa incriminata, e ascoltare le poco felici e ancor meno diplomatiche risposte date a mezze labbra da un Von Trier intimidito dall’arroganza della platea degli astanti. Fra le risa e l'imbarazzo della sala gremita, le sue risposte risultavano in buona sostanza così nebulose, che a chiunque avesse saputo interpretarle nella maniera giusta, sarebbero dovute apparire come un eccesso di difesa contro le provocazioni intellettualoidi dei giornalisti, un frutto del disagio e della confusione linguistica più che un'autentica espressione di antisemitismo.
Va ricordato che il regista, universalmente conosciuto come orso polare, asociale e sempre depresso, aveva comunque immediatamente porto le sue scuse alla giuria del Festival, asserendo di aver inciampato nelle provocazioni dei giornalisti.


Von Trier non ha bisogno di difesa in quanto é un regista di altissimo livello, che si è sempre espresso a favore dei bistrattati, fornendo loro nei suoi film le armi per la giusta vendetta ma, come tutti gli artisti, è lunatico e suscettibile e facile bersaglio di chiunque lo voglia prendere di mira.
Il premio ha comunque messo fine alla querelle scoppiata, che aveva avvelenato per diversi giorni il clima rilassato della manifestazione.

Il Grand Prix è stato assegnato ex aequo a Jean Pierre e Luc Dardenne per Il ragazzo con la bicicletta, storia di abbandono minorile, e a Nuri Bilge Ceylan per Once upon a time in Anatolia, un polar film per il regista turco.

Parlando di casa nostra,  Bernardo Bertolucci ha ricevuto la Palma d'oro alla carriera proprio nella giornata d'apertura. Ritirandola ha esclamato: "Habemus palmam!", parafrasando il titolo del film di Nanni Moretti in concorso - di cui si è avuto modo di parlare in questo blog recentemente - sperando che la battuta potesse rivelarsi di buon auspicio. Invece grande delusione per Moretti, che è rimasto a bocca asciutta, benché il suo film sia stato apprezzato dai giurati.
Accoglienza un po’ tiepida anche per il napoletano Paolo Sorrentino con il suo This Must Be The Place, girato negli USA e premiato dalla giuria ecumenica. Film coraggioso e intraprendente il cui torto, al pari di Habemus papam di Moretti, è forse quello di essere un po' provinciale  rispetto alle opere più filosofico-metafisiche dei concorrenti stranieri.
Il film comunque sarà destinato di certo a scatenare le solite discussioni e giudizi contrastanti, o a diventare addirittura film ”di culto”.
La miglior regia è stata attribuita a Nicola Winding Refn per Drive, mentre il premio della giuria è andato a Polisse, opera diretta da Maiwenne Le Besco. Infine il premio per la miglior  sceneggiatura è stato consegnato a Joseph Cedar per Footnote. Vedremo, e caso mai ne riparleremo più avanti.
Tanto per citare altri nostri beniamini, molto apprezzato pare sia stato il film Midnight in Paris, di Woody Allen che fuori da Manahattan sembra non combinarne una giusta, ma stavolta pare aver  fatto centro. Diremo anche di lui, soprattutto se risulterà vero che il pezzo in cui appare la première dame de France sia stato segato via all’ultimo momento.

Antonio Banderas, che si è presentato al festival accompagnato dalla sua bella signora Melanie Griffith, ha partecipato alla kermesse recitando nel film noir di Pedro Almodovar "La piel que abito.
Ma il film, come gli ultimi visti del bravo regista spagnolo, non appare molto convincente. Provaci ancora Pedro.
Per concludere, Bertolucci ha dedicato il suo premio a tutti gli Italiani che hanno ancora la voglia di indignarsi e protestare. E allora, Italiani, protestiamo!!! (che indignati lo siamo di già).
Last but not least  cito la strepitosa, elegantissima giurata Uma Turman che, a fianco di Robert De Niro, ha saputo come sempre "essere all'altezza").
Mi scuso se ho certamente tralasciato nomi meritevoli, mes bons gens, ma è notte fonda oramai, e domani purtroppo ci tocca lavurà.

Alle prossime Buone Visioni.
Ciao à tout le monde,  mca

Nessun commento:

Posta un commento

Lettori fissi