Qui non mi trovate,
io qui non ci sono.
Sto nella stanza accanto
dove non c'è nessuno.

16.10.11

UNION STATION - WASHINGTON DC

Washington è città di grande bellezza: da New York la si raggiunge facilmente ed è consigliabile prendere il treno, sia per la comodità dei treni sia per la stazione d’arrivo, luogo abbastanza singolare indicato per una visita.
Di solito le stazioni non si visitano.
L’antropologo americano Marc Augé le ha infatti inserite con aeroporti e supermercati nel suo libro Non-luoghi, cioè quegli spazi architettonici della nostra epoca nei quali passiamo buona parte del  nostro tempo ma dove viviamo in maniera sospesa perché sono spazi di uso e di passaggio, una sorta di limbi umani. Nel saggio di Augè la Union Station meriterebbe una postilla di eccezione: non è solo un luogo a cui arrivare e da cui partire, ma da visitare con soddisfazione per la sua bellezza architettonica. Fra le tante curiose stazioni nelle grandi città del mondo, la Union Station di Washington le batte tutte. (A.T.)

I nonluoghi sono quegli spazi dell'anonimato ogni giorno più numerosi e frequentati da individui simili ma soli. Nonluoghi sono sia le infrastrutture per il trasporto veloce (autostrade, stazioni, aeroporti) sia i mezzi stessi di trasporto (automobili, treni, aerei). Sono nonluoghi i supermercati, le grandi catene alberghiere con le loro camere intercambiabili, ma anche i campi profughi dove sono parcheggiati a tempo indeterminato i rifugiati da guerre e miserie. Il nonluogo è il contrario di una dimora, di una residenza, di un luogo nel senso comune del termine. E al suo anonimato, paradossalmente, si accede solo fornendo una prova della propria identità: passaporto, carta di credito. Nel proporci una antropologia della surmodernità, Augé ci introduce anche a una etnologia della solitudine (IBS)

Opera dell’architetto Daniel Burnham e inaugurata nel 1908 in quello stile che con espressione francese viene denominato Beaux-Arts è insieme maestosa e di rara eleganza, con pavimenti di marmo bianco, soffitti a volta, inferriate di bronzo e pannelli di mogano. Questa architettura da palazzo ha permesso che vi si celebrassero addirittura banchetti e cerimonie di Stato, sostituendo le inadeguate misure della Casa Bianca. Altro motivo di sosta sono i ristoranti, tra i migliori della città,  i vari negozi e la libreria.

Nel 1901, le due compagnie ferroviarie concorrenti, Pennsylvania Railroad e Baltimore & Ohio Railroad, annunciarono la costruzione di un terminal in comune, decisione che avrebbe permesso di razionalizzare la rete ferroviaria, rimuovendo chilometri di binari che ingombravano quello che avrebbe dovuto essere il National Mall. In secondo luogo, centralizzare i terminal ferroviari in un grande edificio avrebbe permesso di costruire una struttura imponente che riflettesse il prestigio e il ruolo della capitale. Si decise di situare la stazione all’intersezione di due importanti avenue, in modo che fronteggiasse direttamente il Campidoglio.


L’architetto Burnham trasse ispirazione per la struttura da un largo numero di fonti classiche. Prima di tutto dall’Arco di Costantino, ma anche dalle volte delle Terme di Diocleziano, oltre che dalla Basilica di Massenzio in Roma. Contribuivano ad esaltare l’ispirazione classica del design, la scala monumentale dell’edificio e il dispiego di sculture allegoriche, decorazioni in marmo bianco e foglia oro e iscrizioni commemorative.
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Ideò la facciata come un enorme arco trionfale articolata da tre enormi fornici e corredata da sei colossali statue, opera di Louis St. Gaudens, sul modello dei prigionieri Daci dell’Arco di Costantino. Le sei statue sono figure allegoriche che alludono alla fiducia verso il progresso e i trasporti: Prometeo rapitore del fuoco, il filosofo Talete per il suo teorema sui fasci di rette parallele intersecanti (non chiedetemi di dimostrarvelo per favore) presi a simbologia dell’intersecazione dei binari paralleli, Temi, dea greca di giustizia e libertà tanto care agli americani, Apollo protettore delle scienze, Cerere madre dell’agricoltura e Archimede genio universale della meccanica.
St. Gaudens scolpì anche trentasei statue di centurioni che sono andati a decorare il padiglione centrale della Station.
Chiaro che gli architetti fautori del modernismo non mancarono di criticare da subito l’aspetto detestabilmente rétro di questo nuovo edificio.
In ogni caso il grande terminal divenne immediatamente il principale portale di accesso per la capitale americana, incredibilmente affollato soprattutto durante la seconda guerra mondiale, quando 200.000 passeggeri transitavano per la stazione in una singola giornata.
 Del resto chi di noi non è passato  almeno una volta da lì, guardando i numerosi film d’autore degli ultimi settant’anni?
La mattina del 15 gennaio 1953, il treno Federal Express della Pennsylvania Railroad deragliò all’interno della stazione. Avvicinandosi alla Union Station i ferrovieri si accorsero, a circa due miglia dalle piattaforme, che era impossibile frenare. Il macchinista avvisò via radio il personale di stazione che provvide ad evacuare la struttura, mentre il treno fu deviato sul binario numero 16. Il locomotore impattò contro il respingente alla velocità di 25 miglia orarie, salendo sulla piattaforma e distruggendo l’ufficio del capostazione, posto alla fine di essa. Dopo aver travolto anche un’edicola, il convoglio si fermò solo dopo aver invaso l’atrio centrale della Union Station, il cui pavimento, mai progettato per sopportare un tale peso, cedette. Il locomotore elettrico, pesante più di 200 tonnellate cadde attraverso il pavimento finendo dentro il grande padiglione seminterrato che attualmente ospita la Food Court. Incredibilmente nessuno rimase ucciso durante questo sconquasso, visto che i passeggeri si erano tutti ritirati nei vagoni di coda.
Lo spettacolare incidente ispirò il finale del film di Arthur Hiller con Gene Wilder “Wagons lits con omicidi”.

Subito dopo la Seconda guerra mondiale, le condizioni finanziarie di tutte le compagnie ferroviarie americane cominciarono a declinare, sia per la concorrenza dei viaggi aerei, sia per la costruzione di un’efficiente rete autostradale. Strette dalla crisi, cominciarono a progettare di vendere la Union Station oppure di abbatterla per costruire al suo posto edifici per uffici, di trasformare la stazione in un centro culturale o in Visitor Center per ipotetiche folle di turisti.
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Nel 1977 un rapporto del General Accounting Office indicò che tutta la struttura era pericolante e che c’era il rischio di un imminente cedimento strutturale. La stazione fu allora chiusa al pubblico in attesa dei lavori. Lo stato dell’intera struttura era miserevole. La muffa aggrediva il soffitto dell’atrio centrale, mentre le tappezzerie erano piene di buchi di sigarette.
Cinque anni più tardi furono finalmente stanziati 70 milioni di dollari per la campagna di restauri.

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Il progetto di ristrutturazione fu affidato all'architetto di Chicago Harry Weese uno dei progettisti delle nuove stazioni della metropolitana di Washington.

Washington DC Metro

Il "pozzo" fu trasformato in un nuovo piano seminterrato con ristoranti, punti di ristoro, un cinema e una stazione della metropolitana.  Marmi e decorazioni dell’atrio centrale furono riportati al loro originale splendore. Fu installato un sistema di aerazione completamente nuovo.
Nel 1988 fu riattivato il traffico e attualmente la Union Station è di nuovo uno degli snodi più affollati della città, visitato da milioni di turisti e viaggiatori.  
mca ringrazia:
Antonio Tabucchi (Viaggi e altri viaggi)
Wikipedia
IBS




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