Qui non mi trovate,
io qui non ci sono.
Sto nella stanza accanto
dove non c'è nessuno.

10.1.10

BENVENUTI!

WELCOME

con Vincent Lindon, Firat Ayverdi, Audrey Dana, Derya Ayverdi.
Francia 2009

Sono fatti di cronaca raccontati tutti i giorni, quelli dei disperati che tentano di approdare con qualsiasi mezzo alla civile Europa e invece rimangono bloccati senza prospettive sulla soglia del mondo.
Partendo sperano ingenuamente di poter contare sull’accoglienza e la solidarietà di un’umanità opulenta, che spende miliardi di dollari per spedire i propri contingenti nei punti strategici della terra con la "mission" di importarci democrazia, pace e libertà. Chi s’aspetterebbe che la parola WELCOME, universalmente recepita come benevola e sbandierata in ogni angolo raggiunto dal progresso, sia invece una formula di accoglienza sterile, vuota di qualsiasi significato morale.
Il diciassettenne curdo Bilal chiede solo di arrivare in Inghilterra per potersi ricongiungere con la sua fidanzatina emigrata a Londra. Che male c’è se mancano le carte? Le carte verranno, è un bravo ragazzo lui, lavorerà, farà tutto ciò che si può fare di onesto per guadagnarsi la vita e meritarsi il rispetto.
4000 chilometri dall'Iraq, quasi tutti a piedi, s’è fatto Bilal; solo pochi è riuscito a scroccarli alle ferrovie internazionali facendosi trasportare sotto la pancia del treno; ci ha impiegato tre mesi a raggiungere la Manica per rendersi conto che la terra promessa assomiglia piuttosto ad una giungla disseminata di trappole, dove anche respirare è pericoloso e l’essere umano è peggio di un serpente a sonagli: al di fuori del denaro, non c’è un piffero che lo incanti.
Arrivato a Calais capisce di essersi impantanato in un cul-de-sac e che non ce la farà mai a raggiungere l’altra sponda della Manica, miraggio per tutte le centinaia di migranti lì ammassati, bloccati dalla polizia di frontiera inglese, le cui famigerate misure di controllo, lo sanno tutti, sono praticamente impossibili da aggirare.
Davanti a questa realtà ci si rende conto come la situazione, già insostenibile da noi, diventi di un’atrocità esplicita nei paesi del Nord-Europa dove, chi protegge un irregolare o dimostra anche solo di trattarlo umanamente, rischia cinque anni buoni di galera, argomento altamente dissuasivo per chi avesse in animo sentimenti caritatevoli, visto che le forze di polizia lassù sono efficienti, i giudici condannano e le condanne bisogna scontarle.
Bellissimo questo film di Philippe Lioret.
La generosa realtà del piccolo eroico clandestino s’intreccia, rivitalizzandola, con quella un po’ ingrigita del francese Simon, già campione di nuoto ed ora apatico istruttore alla piscina comunale.
Simon ritrova uno stimolo insperato nella conoscenza con questo ragazzo e lo prende sotto la sua paterna tutela con fiduciosa simpatia, motivato anche dalla remota speranza di riguadagnare il terreno perduto con l’ex moglie, che ancora ama, ma che, ideologicamente impegnata nel sociale, è culturalmente sempre più distante da lui.
Denunciato da un vicino di casa e messo sotto inchiesta dalle autorità francesi, Simon oppone fino in fondo una propria privata resistenza, avventurandosi in un percorso che diverrà la sua nuova personale "mission".
Se non avete un cuore di pietra, tenete a portata di mano i fazzoletti, anche se il film non cede a facili sentimentalismi né inutile retorica.
Il messaggio è brusco, secco nonostante tutta quell’acqua...
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Voto 9
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