Qui non mi trovate,
io qui non ci sono.
Sto nella stanza accanto
dove non c'è nessuno.

3.1.10

MOON

Regia: Duncan Jones
Interprete: Samuel Rockwell
Gran Bretagna 2009


premi vinti:

miglior regista esordiente - National Board of Review Awards 2009

miglior film - British Independent Film Awards 2009

miglior attore - Seattle film festival 2009


Sul dark side of the moon è situata la Stazione Lunare Selene.
Sam è il solo a viverci e la dirige col piacevole aiuto del Computer-Robot Gerty, automa amabile e servizievole che si muove, lavora, sembra possedere scienza e coscienza e parla lasciando anche trasparire i suoi stati d’animo attraverso emoticon che si avvicendano su un display luminoso.
Sam ha un ingaggio di tre anni con la Lunar, una compagnia di estrazione d’energia pulita, dai cui approvvigionamenti dipenderà il futuro ecosostenibile della Terra.
Il lavoro è facile e ripetitivo, non richiede qualità eccelse: Sam incomincia ad annoiarsi e a battere la fiacca, fortunatamente il contratto sta giungendo a scadenza e si contano ormai i giorni che lo separano dal suo ritorno sul pianeta.
Sogna di riabbracciare una moglie e una figlia che adora e con le quali è rimasto in contatto tramite video-registrazioni che viaggiano grazie ad un collegamento ponte Giove.
Negli ultimi giorni Sam non si sente più lo stesso: l’esaurimento psico-fisico e il continuo fantasticare sul momento del rientro hanno abbassato la sua soglia d’attenzione, commette errori che prima non ha mai fatto, e durante un’uscita, in prossimità di un mietitore lunare subisce un grave incidente, perdendo i sensi all’interno del suo cingolato. Rinviene, senza ricordare nulla dell’accaduto, nell’infermeria della stazione lunare, assistito dal fedele Gerty. La ripresa è rapida, anzi comincia a sentirsi in gran forma, è più lucido e non gli sfuggono alcuni dettagli che iniziano ad insospettirlo. Benché glielo abbiano esplicitamente proibito dalla Base, esce in ricognizione, roso dal dubbio che alla Lunar si stia complottando qualcosa a sua insaputa.
Finirà infatti per scoprire che c’è qualcosa di più oltre al suo contratto che sta giungendo a scadenza, di non essere così solo come credeva e tanto meno così unico.
E’ una fantascienza dal volto umano quella di Duncan Jones, che non ha ancora varcato “ i limiti dell’incredibile” e si propone come risposta alle nostalgie di chi rimpiange i film dei bei tempi andati, come Solaris e Blade Runner, confezionati con un briciolo di riguardo per l’intelligenza, la fragilità e quel pizzico d’ingenuità che rende irresistibili gli eroi, anche quelli supergalattici.
Ciò che maggiormente ci convince dei meriti di questo film d’esordio è l’assenza di spreco di risorse di cui non possono fare a meno le moderne pellicole milionarie “guarda e butta”. Scenografie digitali e trucchi poveri ma efficaci rendono quest’opera un film di fantascienza classico, che si rivedrà volentieri anche fra vent’anni (se ci saremo).
E’ sconsigliato a tutti gli appassionati di Star Track perché il regista lancia qui la sua sfida creativa evitando di far ricorso allo sbalordimento da effetti speciali, e preferendo un salto all’indietro nell’universo antropico, dove è il mondo interiore dell’essere umano il primo ad essere esplorato.
Un film che non cattura il pubblico con l’adrenalina, preferendo muovere le leve dell’empatia. L’anima è scossa dai venti atavici sollevati dalle ansie che ci provocano l’ignoto, la solitudine e l’incontro con l’altro che c’è dentro di noi, il terrore di scoprire verità che possono esser peggio dell’inganno.
Cromatismi riposanti che sfiorano a tratti il bianco e nero, scenografie dèjà-vu a suscitare ricordi nostalgici di silenzi che risuonano d’eterno all’interno di noi.
Benché sorretta da un’impalcatura classica, la trama non è scontata e, superando ogni previsione, ci coglie impreparati.
Con tutti questi presupposti, mi sento di affermare che il film è bello e sono giusti i premi assegnati.
Voto 8%
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1 commento:

  1. Appena letta la recensione ho avuto voglia di vedere questo film, con il timore che l’aspettativa venisse delusa, come purtroppo capita sovente (ma quasi mai in questo blog).
    “Moon” non delude affatto le aspettative. È un film che coinvolge e emoziona. Un film che fa riflettere toccando le corde sensibili della nostra coscienza, del nostro io. La dimostrazione che per realizzare un’opera intelligente e interessante non servono grandi mezzi, ma buone idee.

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