Qui non mi trovate,
io qui non ci sono.
Sto nella stanza accanto
dove non c'è nessuno.

6.12.10

MANHATTAN TRANSFER

Ciò che c’è di più tremendo a New York è che quando ne avete fin sopra i capelli, non sapete più in quale altro posto andare. E’ il tetto del mondo. La sola cosa che rimane è girare, girare come lo scoiattolo in gabbia.


Con queste parole JohnDos Passos firma il suo libro principe MANHATTAN TRANSFER (1925).
John Dos Passos era nato a Chicago nel 1896, e il suo stile rifulge ancora di limpida modernità grazie al taglio scarno mutuato all’arte cinematografica (di allora).


Non è propriamente un romanzo. Si potrebbe definire una raccolta di cortometraggi girati con occhio realistico, abbastanza disincantato ma mai cinico.
Una tecnica di narrazione, la sua, apparentemente dimessa, estremamente innovativa in rapporto all’epoca, che lo ha innalzato agli onori della migliore letteratura americana, riservandogli anche numerosi riconoscimenti nella sussiegosa Europa, feudo di regnanti e dittature, in cui  "democrazia" era ancora, per i più,  una parola nebulosa da ricercare sul vocabolario.
Una miriade di piccole cronache raccolte in capitoli brevi, redatti in stile giornalistico, una sorta di follow up dei personaggi lungo un percorso di alcuni decenni. Un chiacchiericcio inestinguibile cui seguono silenzi rigeneranti, un susseguirsi caotico di bellezza e orrore in cui si rispecchia appieno la confusione della metropoli, le paure e il disorientamento che genera nei suoi abitanti. Se ne resta ammaliati e infastiditi nella stessa dicotomia della città che affascina e respinge.
I temi da lui trattati lo pongono cent’anni avanti rispetto agli argomenti portanti della nostra narrativa di allora, ancora centrata sulle piccole vicende provinciali o le tragedie rurali.
I falsi miti dell’arricchimento, le pratiche di corruzione, l’invadenza ossessiva dei giornali e della pubblicità, le insostenibili condizioni di vita nelle sacche di povertà proletaria, contrapposte alla ricchezza più sfacciata della borghesia, erano ancora argomenti lontani dalla nostra realtà sociale, ma rappresentavano già le stimmate di una dolorosa, nevrotica modernità, di cui Dos Passos ci ha dato puntiglioso resoconto in questo lavoro, considerato fra le sue opere più riuscite.         mca


Aveva smesso di piovere; un vento freddo che sapeva d’erba e di boschi increspava le pozzanghere delle strade lavate. Bud passò sotto l’arco scuro del ponte di Brooklyn. Sul marciapiede a schiena d’asino c’era un solo poliziotto che guardava il cielo sbadigliando. Pareva di camminare fra le stelle. In basso, da tutti i lati, le vie si allungavano in file picchiettate di lampioni, tra ammassi di edifici dalle finestre scure. Sotto, il fiume scintillava, così come in alto scintillava la via lattea. Il fascio luminoso di un rimorchiatore scivolò silenziosamente, dolcemente, nell’oscurità umidiccia. Un tram passò sul ponte, facendo cigolare le traverse e vibrare la tela di ragno dei fili, come quelli di un banjo scosso.
Poco importa dove vado. Non so più dove andare. Dietro di lui una zona della notte blu cominciò a diventare rossa come il ferro nella forgia. Di là dai camini neri e dalla linea dei tetti, i contorni lievemente arrossati degli edifici del centro brillavano. Tutta l’oscurità si faceva perlacea, si schiariva. Sono tutti poliziotti che mi danno la caccia, tutti: gli uomini in bombetta, i vagabondi della Bowery, le vecchie nelle loro cucine, i conduttori dei tram, gli sbirri, le baldracche, i marinai, gli scaricatori, quei musi degli uffici di collocamento. Il fiume era calmo, lucido come l’acciaio brunito delle canne di fucile. Poco importa dove vado. Non so più dove andare. Le ombre fra le vie e le case sembravano cosparse di polvere blu lisciva. Alberi di navi fiancheggiavano il fiume; fumo violetto, cioccolato, carnicino, saliva nella luce. Non so più dove andare.
Con la giacca a coda di rondine, la catena d’orologio d’oro e l’anello col sigillo, ora sta in carrozza accanto a Maria S. Va a sposare. Va a City hall, in una carrozza a quattro cavalli bianchi, per essere nominato consigliere comunale dal sindaco, e dietro di loro la luce cresce più viva, più viva… va a sposare fra il raso e la seta, va sul velluto rosa di una carrozza bianca con Maria S. a lato, tra file d’uomini che agitano i loro sigari, salutano, si levano le loro bombette marrone davanti al consigliere Bud che se ne va in una carrozza piena di diamanti, con la sua sposa da un milione di dollari…
Bud siede sul parapetto del ponte. Il sole si è levato dietro Brooklyn. Le finestre di Manhattan hanno preso fuoco. Si china bruscamente in avanti, scivola, resta sospeso per una mano col sole negli occhi. Il grido gli si strozza in gola mentre cade.

Il capitano McAvoy del rimorchiatore Prudence, in piedi al suo posto di comando, teneva una mano sulla barra; nell’altra un pezzo di biscotto che aveva inzuppato in una tazza di caffè, posta su una mensola accanto alla bussola. Un uomo ben messo, con folte sopracciglia e spessi baffi neri cerati alle punte. Stava per mettere in bocca il pezzo di biscotto inumidito quando una cosa nera cadde e picchiò sull’acqua con un gran tonfo, a pochi metri dalla prora. Nello stesso istante un uomo apparve sulla porta della sala macchine e gridò:
- Un uomo s’è buttato dal ponte! –
- Santo Dio! Il diavolo se lo porti! – imprecò il capitano McAvoy. Lasciò cadere il biscotto e diede un colpo di barra. Il forte risucchio fece girare il battello come una festuca di paglia. Tre rintocchi di campana vibrarono nella sala macchine. Un nero corse a prora con un raffio.
- Red, vieni a darci una mano qui!- gridò il capitano. Dopo qualche sforzo issarono sul ponte una lunga cosa nera e floscia. Un segnale. Due segnali. Il capitano McAvoy con le sopracciglia corrugate, stralunato in viso, rimise il rimorchiatore sulla rotta lungo la corrente.
- Ancora vivo, Red? – Domandò con voce rauca. Il nero era verde in viso e batteva i denti.
- No capitano. – Rispose lentamente l’uomo dai capelli rossi. - Ha la testa spaccata. –
Il capitano aspirò una buona metà dei suoi baffi : - Santo Iddio creatore! Che il diavolo se lo porti! – Grugnì. – Bel tiro da fare a un uomo proprio nel giorno delle nozze!-

***

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