Qui non mi trovate,
io qui non ci sono.
Sto nella stanza accanto
dove non c'è nessuno.

6.1.11

IN UN MONDO MIGLIORE

Difficile riuscire a farsi largo nell'abbondanza di pessimi film che occupano l’attuale panorama cinematografico: i gusti sono cambiati e le pellicole che incassano di più sono proprio quelle giudicate indegne di un interesse che vada oltre gli ottanta minuti di amena visione.

Segnalo quindi un film per chi cercasse alternativa ai vari cine-panettoni, ai turisti per amore o per forza, e ai 3D da emicrania assicurata(faccio un'eccezione per Rapunzel - veramente carino per i minori di anni 13 , come la sottoscritta.)


Andrò per gradi. 

La regista è Susan Bier. Se il nome non vi dice nulla, provate a pensare a film come Non desiderare la donna d’altri - Dopo il matrimonio e Noi due sconosciuti;  purtroppo anche questi titoli potrebbero dirvi poco, visto che in Itaglia vanno alla grande film di livello meno elevato.

La cosa a cui mi preme arrivare è che  Susan Bier è stata allieva di Lars Von Trier,  uno fra i più riconosciuti registi scandinavi (dopo Bergman) e ideatore del Dogma 95 una sorta di codice anti-hollywoodiano per nuovi modelli di regia. Nel caso non riusciate a ricordarvi nemmeno di lui, non sentitevi in imbarazzo, avete tutte le giustificazioni.

Comunque il mio pretesto è proprio quello di parlarvi di Von Tier che è autore di tre bei film qui sotto (oltre a numerosi altri) che da noi non hanno ottenuto un successo proporzionale al merito, giacché sono finiti quasi subito nel circuito del noleggio VHS, e chissà quindi quanti in sala saranno riusciti a vederli, forse un due/trecento, ad esagerare.


Le onde del destino è la storia di un folle ideale, un amore il cui unico scopo è il donarsi, e la vicenda ci interroga ponendoci costantemente dinanzi al quesito di fondo: cosa sapremmo fare per amore? Von Trier ce lo chiede in modo provocatorio sia sul piano della sceneggiatura sia su quello delle riprese. Bess, la giovane donna che non agisce mai 'contro' ma sempre 'per qualcosa', è uno di quei personaggi destinati a rimanere nella storia del cinema o perché amati o perché detestati, ma senza lasciare indifferente nessuno.






Dancer in the dark è un melodramma musicale in cui Björk canta e recita con un’intensità profondissima e lacerante (ottenendo il premio come migliore attrice al Festival di Cannes), nel ruolo dell’operaia quasi cieca Selma, che sogna di interpretare un musical sul palcoscenico, ma finisce condannata a morte, seppur innocente, per salvare il proprio figlio dalla cecità.


Dogville è una vicenda ambientata negli anni '30, interpretata da una stupenda Nicole Kidman, qui in una delle sue migliori performance, nei panni di una giovane donna in fuga da una banda di gangsters che  trova rifugio presso una piccola comunità rurale degli Stati Uniti.
"Lo scenario in cui si svolge il film sembra un palcoscenico teatrale, spoglio, semplice, nero, con righe bianche in terra a segnare i contorni di oggetti e costruzioni, mentre una voce narrante accompagna lo svolgimento del film, ricordando i radiodrammi di un tempo. 
Colpisce la mancanza di scenografie e l'essenzialità del linguaggio visivo: i personaggi si muovono all'interno di uno studio, su di una superficie scura, spoglia, su cui è disegnata, con linee chiare simili ai segni lasciati dal gesso sulla lavagna, la pianta di questo minuscolo paese, Dogville appunto. I limiti del paese sono anche limiti esistenziali, il taglio netto del pavimento che incontra le pareti, rese comunque invisibili con un espediente che le rende, di giorno, brillanti di luce propria e di notte buie e tenebrose, trasmettendo una sensazione quasi agorafobica, un senso di minaccia incombente da parte del mondo esterno.
I personaggi di questo dramma interpretano le proprie esistenze come le pedine di un gioco di società - con riprese dall'alto perfettamente perpendicolari - con mosse di un karma ineluttabile, che si mostra ai protagonisti con l'arrivo della straniera, offrendo occasione per la manifestazione dei valori più alti, di cui l'uomo fin troppo facilmente si fa portatore.
Diventa però ben presto motivo di smascheramento della faccia più abietta e meschina del genere umano. All'inizio tutti disposti a dichiararsi amici della ragazza e tutti, incondizionatamente sedotti dal potere che ben presto si rendono conto di poter esercitare su di lei."(fonte Wikipedia)Personalmente lo considero uno dei più bei film da me visti in assoluto.
La pellicola vinse il David come miglior film straniero oltre all’'European Film Award come miglior regista.
 
Si raccomanda vivamente la visione a chi se lo sia perso. Se tuttavia doveste giudicarlo alla fine come il più noioso della vostra vita, vi prego non maleditemi, oramai mi conoscete abbastanza per capire da soli di quali dei miei consigli sia possibile fidarsi e di quali no.
Ma torniamo al film in questione. In un mondo migliore è solo il titolo. Non di certo dove viviamo oggi. 
Comunque se qui sembra di stare così male, guardiamo un po’ come stanno dalle altre parti.

Per esempio in Danimarca c’è ancora del marcio, nonostante venga da noi ragionevolmente considerato uno fra i Paesi più progrediti,  se non altro dal punto di vista sociale.

Parrà strano, ma le problematiche familiari, il bullismo, la violenza gratuita sono di casa anche là.

Sembra poca cosa al Dottor Anton, abituato com'è a vederne di tutti i colori, prestando servizio da anni nel centro Africa e avendo sempre agito in nome del sacro giuramento d’Ippocrate.  Ma non è così per i figli e gli amici dei figli, che analizzano il problema dal punto di vista della nuova generazione.
Può l’etica cambiare a seconda delle occasioni e dei luoghi di oppressione?. Questa la domanda che sostanzialmente si pone il film.

Un film bello, ben fatto,  intenso e allarmante nella progressione degli eventi.  Apre però la porta a numerose tematiche, che avrebbero richiesto ciascuna un film a sé.
Per contrasto, la conclusione appare moralistica e prefabbricata, lasciando avvertire  un crollo della tensione proprio sulla dirittura d'arrivo.
Tuttavia non si può non riconoscere alla Bier il coraggio di aver manipolato materiale incandescente seppure alla fine fa accadere ciò che torna funionale alla giusta quadratura dei fatti, in ossequio ad un elevato, indubbio idealismo che però non convince pienamente.
voto ***/*****

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Le 10 regole raccolte nel Dogma 95:

1) le riprese devono esse fatte sul luogo, il set non deve essere        costruito;
2) il suono non deve essere separato dalle immagini e viceversa (la musica può rimanere se è nel contesto);
3) la camera deve essere tenuta a mano;
4) la pellicola deve essere a colori, le luci speciali sono vietate;
5) filtri e trucchi visivi sono vietati;
6) il film non deve contenere omicidi, armi, azioni violente;
7) il film deve seguire la regola del "qui e ora", sono vietati salti temporali e geografici nella narrazione; 8) il film di genere sono vietati;
9) il formato della pellicola deve essere "Academy 35 mm".
10) il regista non deve essere accreditato.
                                                                                                            
Copenaghen, lunedì 13 marzo 1995__________________________________________
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Scopo di tutto questo, secondo von Trier, era esprimere una sorta di VOTO DI CASTITA' e « costringere la verità a uscire dai personaggi e dalle ambientazioni ». Più che una ricerca cinematografica, fu una ricerca filosofica della vera morale che, come un dogma di fede con il suo carattere di indiscutibilità, si rivelò (a volte) a svantaggio  dello stile e dell'estetismo. 

Questo Dogma fu infatti, nell'arco di una decina d'anni, progressivamente abbandonato dal regista.









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